Silverstein - When Broken Is Easily Fixed

Copertina 6

Info

Anno di uscita:2003
Durata:38 min.
Etichetta:Victory
Distribuzione:Get Smart

Tracklist

  1. SMASHED INTO PIECES
  2. RED LIGHT PLEDGE
  3. GIVING UP
  4. NOVEMBER
  5. LAST DAYS OF SUMMER
  6. BLEEDS NO MORE
  7. HEAR ME OUT
  8. THE WEAK AND THE WOUNDED
  9. WISH I COULD FORGET YOU
  10. WHEN BROKEN IS EASILY FIXED

Line up

  • Shane Told: vocals
  • Neil Boshart: guitars
  • Josh Bradford: guitars
  • Bill Hamilton: bass
  • Paul Koehler: drums

Voto medio utenti

Autori sinora di un paio di MCD, i Silverstein debuttano sulla lunga distanza grazie alla Victory Records, e lo fanno prendendomi contropiede: vengono presentati come un gruppo emocore, anche se dalle svariate influenze, invece "Smashed Into Pieces" inizia come farebbe un qualunque gruppo seguace del più canonico Death Metal Svedese, con tanto di voce growl e sound d'assalto, qui inaspettatamente smorzato da linee vocali che in alcuni passaggi ricordano quelle di "Zombies" dei Cranberries, e comunque mai esasperate. Il tutto non suona molto Hardcore, vero? Non si tratta di un caso isolato, questa tattica viene ripetuta sempre alternando parti violente a soluzioni caratteristiche del Punk/Hardcore melodico, sia a livello vocale che musicale, e quindi riproposta sin dalla seguente "Red Light Pledge". Magari sulla carta non parrebbe una soluzione vincente, ma non è così, e "When Broken Is Easily Fixed" alla fine si rivela un album che soddisfa molto più di quanto ci si sarebbe potuto aspettare. Qualche pecca non manca, ma d'altra parte sorprendono alcuni riffs di stampo indubbiamente metal e la capacità del gruppo di trasportare le emozioni in musica. Bravi anche a raddrizzare un brano dall'inizio insipido come "November" con un bel finale alla Dark Tranquillity, e nel riuscire a dare il meglio di sé sulla conclusiva "When Broken Is Easily Fixed". Il miracolo non riesce altrettanto bene su "Last Days Of Summer" e su "The Weak And The Wounded", anche perché ormai il binomio parti 'core e Death è divenuto prevedibile. Per trovare qualche sorpresa dobbiamo arrivare a quella "Wish I Could Forget You" che inizia con note di chitarra e violino ma che in realtà non offre poi molti sussulti. Questi canadesi finiranno probabilmente con l'essere invisi ai puristi dei diversi generi a cui fa riferimento il loro songwriting. Magari quelli più "open minds" potrebbero invece dar loro una chance.
Recensione a cura di Sergio 'Ermo' Rapetti

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