Che l’Italia abbia subito una sorta di suddivisione spontanea dei generi durante gli anni penso sia innegabile. Ci sono zone più black, zone più tipicamente thrash e via dicendo, e naturalmente zone più predisposte alle sonorità “nuove”. Quando quindi ho visto che i
Cyon Project vengono da Torino, città da sempre attenta alle nuove influenze, ho subito immaginato cosa avrebbero dovuto ascoltare le mie orecchie nel momento in cui avrei messo nel lettore “Allegories”, loro demo di esordio. E infatti non sbagliavo, visto che i nostri sono dediti anima e corpo ad una sorta di melodic death metal/deathcore, tanto in voga, purtroppo, negli ultimi anni. Chi mi conosce sa la mia avversione per queste sonorità, così lontane dal metal vero e proprio, nonostante le intenzioni di chi le suona, però non essendo sordo so riconoscere un buon lavoro, anche all’interno di un genere che poco digerisco, ed è questo il caso. Sì, perché, nonostante non ne possa più di sentire urla pseudo aggressive, chitarrine melodiche e stoppate, ritmiche saltellanti, i tre brani contenuti in “Allegories” sono ben strutturati, ben suonati e anche ben prodotti. Ovviamente niente di nuovo o niente di così eclatante da far gridare al miracolo, le classiche influenze In Flames/Dark Tranquillity sono più che evidenti, però all’interno della marea informe di band clone uscite negli ultimi anni i Cyon Project anno quel quid in più che potrebbe fare la differenza. La cosa che salta di più alle orecchie, infatti, oltre ad un naturale senso di competenza compositiva, è senz’altro l’amalgama della band, che nonostante si sia formata soltanto da un anno risulta già essere compatta al punto giusto. Se aggiungiamo una produzione davvero buona, come già accennato prima, e un artwork curato nei minimi particolari, si capisce come ci troviamo dinanzi ad una band che vuole fare le cose per bene. I brani purtroppo sono soltanto tre, quindi farsi un’idea approfondita è cosa ardua, però “Allegories” ha svolto bene il proprio ruolo, e cioè quello di poter far dire alla band “Ci siamo anche noi”. Un buon biglietto da visita, nella speranza che durante la lavorazione del prossimo lavoro i cinque torinesi riescano a scrollarsi un po’ di dosso lo spettro ingombrante delle band prima citate, riuscendo a costruirsi un sound più personale e meno derivativo. Mai come in questo caso mi sento di incoraggiare una band che appare così professionale e competente.
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