Quante sono le band “sfigate” della storia del rock e del metal? Infinite direi, indipendentemente da quali siano stati i motivi di tale sfiga. A volte si è trattato di incapacità di bissare un capolavoro scritto agli esordi, altre volte è stata colpa dell’ombra ingombrante di altre band che hanno avuto un successo smisuratamente più grande. In altri casi ancora un perfetto mix di queste due cose, come nel caso degli
Angel Witch. Era l’epoca della N.W.O.B.H.M., riuscire a ritagliarsi una fetta di notorietà con nomi scomodi come Iron Maiden o Saxon non era affatto facile, neanche quando si scriveva un album fantastico come l’esordio della band di Kevin Heybourne. Già, perché di piccolo capolavoro si tratta in questo caso, anche se per i motivi di cui parlavamo in apertura il disco in questione non è mai andato oltre lo status di cult release, nonostante nel suo piccolo abbia influenzato numerose band a venire, un nome su tutti: Lars Ulrich e i suoi Metallica. È doveroso, quindi, in occasione della sua ristampa per il trentennale dell’uscita, tornare a parlarne, per dare un’ulteriore chance a quest’album storico. Perché uso questo aggettivo? Perché gli Angel Witch furono quelli che, meglio di altri, nel 1980 riuscirono ad attualizzare gli insegnamenti dei Black Sabbath, proponendo un heavy metal dalle tinte fosche, occulte, a partire dalla splendida copertina, per finire ai brani, cupi, pesanti, ossianici, passando, ovviamente per i testi, neri come la pece. E il trio mette le cose in chiaro fin dall’opener “Angel witch”, splendido brano dal ritornello ormai diventato mitico. Il sound si indurisce con la seguente “Atlantis”, classico esempio delle sonorità che stavano prendendo forma in quel periodo ormai entrato nella leggenda. Ma è con la seguente “White witch” che esce fuori il primo vero brano oscuro, etereo, sulfureo. Un piccolo capolavoro, insomma, con Kevin ad assumere il ruolo di novello cerimoniere occulto. Ancora un hard rock roccioso con “Confused”, prima che la tetra “Sorceress” irrompa nello stereo, con le sue atmosfere nerissime, con il suo arpeggio ossianico e un riffone che sembra uscito direttamente dalla chitarra di Iommi. Qualcuno potrebbe obiettare, a questo punto, che non si è ancora parlato di metal in senso stretto. Beh, a mettere le cose a posto ci pensano “Gordon”, e, soprattutto, “Sweet danger”, brano veloce assolutamente in linea con quanto proposto all’epoca nella pulsante Inghilterra. E se “Free man” spezza di nuovo la tensione grazie ad un mid tempo ricchissimo di pathos, a riportare tutto su binari assolutamente heavy ecco arrivare un altro dei capolavori dell’album, quella “Angel of death” che tanto ha influenzato le band negli anni successivi (vi dice niente il titolo? Chi ha detto Slayer??), grandioso esempio di heavy metal occulto come non si sentiva dai tempi del mitico secondo disco dei Judas Priest. L’album si chiude con “Devils tower”, altra prova di come le sonorità oscure fossero presenti nel D.N.A. di Heybourne, giusto sigillo magico ad un album strepitoso. Ma, ovviamente, per festeggiare al meglio il suo trentennale, la Sanctuary non poteva di certo semplicemente ristamparlo. Ecco quindi le inevitabili bonus track, nella fattispecie quattro brani registrati dal vivo negli studi della BBC, e addirittura un secondo cd che contiene demo tape, singoli, b-sides, tra cui la celeberrima “Baphometh” (un titolo un programma…), che fece conoscere il gruppo al mondo intero quando fu inclusa nella ormai storica compilation “Metal for muthas Vol.1”. Insomma, i motivi per comprarlo direi che ci sono tutti. Se avete già il vinile originale, come me, troverete nel secondo cd e nelle tracce live abbastanza materiale da giustificarne l’acquisto. Se invece siete più giovincelli, non potete farvi scappare l’occasione di fare vostro un album che ha segnato definitivamente la storia del metal. Se non lo fate datevi a Britney Spears…
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