Collocare i
Dusted Angel nel filone stoner non è uno sproposito, anche se il loro approccio musicale non ha nulla a che fare con desert rock e affini. Piuttosto il gruppo si pone in quell’area ibrida dove troviamo nomi come Alabama Thunderpussy, Mannhai, Throttlerod o i più recenti Barn Burner, fautori di un heavy rock pesante, potente ed attraversato da venature doomeggianti o lievemente acide.
Questa infatti è l’impostazione del presente album, uno stoner metallico, massiccio e cadenzato, ma con frequenti passaggi di struttura meno rigida ed aperture strumentali di tipo jammistico. Proprio l’iniziale “The thorn”, già presente nell’Ep dell’anno scorso, coniuga bene ritmiche martellanti, atmosfera fumosa e vocals granulose, a dimostrazione che la miscela può dare buoni risultati se gestita senza strafare.
Purtroppo i Dusted Angel non sempre vi riescono. Il corpo centrale del disco è composto da due lunghi brani, strutturati in modo da far emergere le capacità strumentali dei musicisti grazie a soluzioni molto diluite. Il risultato è ambiguo, con valide porzioni muscolari ma anche ripetizioni un po’tediose, forse a causa dell’uso parsimonioso delle chitarre, chiamate solo saltuariamente ad alleggerire il peso con impennate solistiche.
Meglio quando i pezzi restano compatti entro minutaggi più contenuti, vedi “Seeking the dawn” e “Pulverizer” dove il groove incalzante si stempera in riff rallentati e granitici. Notevole il lavoro del bassista E. Young e del drummer B. Torgeson, macchina ritmica di grande spessore e nello stesso tempo molto versatile.
In sostanza una prova discreta, con luci ed ombre. Una formazione per ora nella media, ma con margini di miglioramento. Disco che può piacere a chi apprezza lo stoner-metal muscolare ma non monolitico ed ossessivo.
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