Parlare di
“Trouble” nello specifico, equivale a parlare di una della band più influenti nella storia dell’hard rock mondiale. Sì, perché
David Coverdale al di fuori di un atteggiamento un po’ dandy, o per dirla alla Oscar Wilde, non si può definire certo un musicista pressappochista, come magari potrebbe pensare una persona che si approccia ai
Whitesnake per la prima volta, e pensa
“che cosa ci vuole a fare un pezzo così?”Reduce da un breve, ma inteso periodo assieme ai Deep Purple nel quale furono incisi tre dischi di ottimo successo, fra tutti lo stupendo “Burn” del 1974, Coverdale lasciò la band in seguito allo scioglimento di quest’ultima nel 1976, per poi pubblicare nei due anni seguenti i suoi due primi dischi solisti,
“White Snake” del 1977, e
“Northwinds” del 1978. Due album che affondavano le proprie radici in un blues e soul che si dimostreranno tanto cari come sonorità allo stesso
Coverdale, che nel corso di tutta la carriera dei
Whitesnake non esiterà mai nel dimostrare di tenere molto a questo tipo di musica.
Sarà a pochi mesi di distanza però, che il singer inglese pubblicherà il primo EP a nome
Whitesnake, per poi arrivare nell’Ottobre del 1978 a rilasciare
“Trouble”, disco dove sarà presente anche
Jon Lord, e prodotto da
Martin Birch. E seppur il disco sia stato suonato e mixato in soli dieci giorni, l’arrivo dei neonati
Whitesnake nel mercato musicale fu letteralmente esplosivo.
In
“Trouble” possiamo infatti notare un approccio probabilmente meno blues (come invece sarà nei successivi album), optando per delle sonorità molto dirette, e dove si rendono assolutamente protagonisti la voce di
Coverdale e il drumming mai scontato di
Dave Dowle. Impossibile restar fermi all’ascolto delle varie
“Take Me With You”,
“Don’t Mess With Me”, o della scanzonata
“Lie Down (A Modern Love Song)".
Coverdale però si sa, è un romanticone, e non può mancare una semi ballad come
“The Time Is Right For Love”, dove la voce del cantante inglese si destreggia in ottima maniera in tutte le sue varie sfumature.
“Belgian Tom’s Hat Trick” è una strumentale che non manca di energia, dove
Mick Moody può esprimere tutto il suo talento, coadivuato da
Dave Dowle, mentre si viaggia più sul mid tempo con
“Day Tripper”, pezzo dove fa la comparsa anche il talkbox effect (quello usato da Ritchie Sambora in Livin’ On A Prayer per intenderci), che da un certo effetto al tutto.
“Trouble” segnò in positivo l’inizio carriera degli
Whitesnake, non solo per la qualità musicale in esso proposta, ma anche per i dati di vendita che portarono la band al 50esimo posto nella UK Albums Charts poche settimane dopo la pubblicazione del disco. Un ottimo punto di partenza, e al quale seguiranno non pochi altri capolavori del serpente bianco.
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