Copertina 7

Info

Genere:Gothic / Dark
Anno di uscita:2003
Durata:46 min.
Etichetta:Propechy
Distribuzione:Audioglobe

Tracklist

  1. COVER ME WITH YOUR EYES
  2. TO MEET IN THOSE DREAMS
  3. A WORLD DROWN IN
  4. STARS IN JULY
  5. (DON'T) TELL THE WORLD
  6. PROCESSION
  7. EN NAT BLIVER DET SOMMER
  8. MONUMENT
  9. WHITE

Line up

  • Peter Mesnickow: vocals
  • Morten Lybecker: guitars
  • Anders Kristiansen: bass
  • Lars Korsholm: drums

Voto medio utenti

Ecco un dischetto che doveva essere recensito qualche tempo fa, ma che ho ritrovato solo ora nel mio casino più totale... accipicchia... i danesi Blazing Eternity danno alle stampe un secondo album (sempre su Prophecy Productions) di notevole spessore, denso di ammalianti atmosfere e di delicati fraseggi, in perfetto stile "autunnale". Katatonia, gli Anathema di qualche album fa, Opeth (quelli in clean vocals) le tre bands ispiratrici per questo combo nord europeo, ma anche tanto The Cure e tanto Tiamat in quelle armonie pregne di splendida malinconia e di velata tristezza ed in quel piano solitario che ogni tanto illumina maggiormente la notte tersa e stellata che i Blazing Eternity abilmente tessono su una fitta tela ove la maggior parte delle composizioni rasentano la quiete del momento. L'opener 'Cover Me With Your Eyes' apre con un mood delicato così come la seguente 'To Meet You In Those Dreams' ne rincara decisamente la dose. La titletrack 'A World Coming Down In' spezza una lancia in favore di una maggiore rocciosità Dark Rock, ma subito si giunge al top della tranquillità con la ballad 'Stars In July', ove spensieratezza ed il ricordo di dolci momenti passati aprono al duetto voce maschile e femminile (quasi come se fosse un vero incontro di amanti). '(Don't) Tell The World' si propone come una song dinamica e ben strutturata, ove chiusure ed improvvisi incalzi la rendono subito apprezzabile, ma poi si torna subito su slow tempi tristi ed emotivi con 'Procession', 'En Nat Bliver Det Sommer', song profondamente ispirata alla propria Terra e cantata in lingua madre danese, e la ultra depressiva 'Monument' (che sembra uscire direttamente dalle divagazioni psichedeliche di 'Wildhoney' dei Tiamat). L'ultima chicca è rappresentata da 'White', perfetta per concludere un album bello e compatto (in maniera quasi da end title cinematografico), forse un pochino troppo eterogeneo, ma comunque d'effetto, orientato al possibile aspetto commerciale, in maniera discreta, ma soprattutto fresco ed onesto. In attesa del terzo album della verità, un acquisto consigliato, da ascoltare più volte per dare a questi ragazzi tutto il merito che hanno.
Recensione a cura di Massimo 'Whora' Pirazzoli

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