Non so perché, ma, a pelle, ho sempre nutrito una forte simpatia per gli
Alestorm, fin da quando li ho scoperti grazie al loro debut album “Captain Morgan’s revenge”. Una banda di caciaroni dedita a far rivivere le epopee dei pirati sulla base di un metal allegro e scanzonato, lo Scottish Pirate Metal, come amano definirlo loro stessi. Ed è proprio quest’aspetto ad avermi incuriosito all’inizio, il non prendersi troppo sul serio, lo scrollarsi di dosso quella maschera seriosa che troppo spesso diventa una caricatura di sé stessa nel metal, il sapersi divertire e soprattutto il saper far divertire chi li ascolta… questi sono i fattori che hanno reso vincente la proposta degli Alestorm. E poco importa se il tutto è nato contestualmente all’esplosione di massa della saga di Jack Sparrow sui grandi schermi, mi sento di dire che gli Alestorm sono sinceri nella loro proposta, e al momento sono gli unici a poter colmare il vuoto lasciato da Rock ‘n’ Rolf Kasparek e i suoi Running Wild, per restare in argomento piratesco, pur tenendo conto, ovviamente, delle differenze di approccio tra le due band, più ‘cazzoni’ i primi, più seriosi i secondi. Il disco successivo, invece, mi aveva convinto leggermente di meno. Pur mantenendo quella ruffianeria di fondo e la stessa scanzonatezza, c’era qualcosa che non mi convinceva appieno, per cui ero molto curioso di ascoltare il nuovo “Back through time”, sia perché generalmente il terzo lavoro è considerato quello della maturità per una band, sia per vedere se i miei dubbi relativi al secondo album sarebbero stati spazzati via o confermati. Beh, devo dire che il nuovo album li spazza decisamente via, e ci consegna una band sicuramente più matura. Le coordinate stilistiche non cambiano quasi per niente, però nei brani si possono ascoltare arrangiamenti più curati, qualche soluzione ritmica differente dal passato (compaiono blast beat e parti ai limiti del black metal), e una cura generale dei suoni maggiore, soprattutto riguardo le famigerate tastierine, punto debole dei precedenti lavori, che oggi suonano meno giocattolo rispetto al passato. E poi non scordiamoci i cori sguaiati da osteria, da sempre punto forte della band, che in questo disco risultano ancora più avvincenti e divertenti. E anche il lato più strettamente folk è stato curato maggiormente nei dettagli e integrato al meglio all’interno delle sfuriate metal che caratterizzano il cd. E a quelli che tacceranno gli scozzesi di immobilismo stilistico dico che intanto non è del tutto vero, viste le nuove influenze di cui parlavo poco fa, e poi quando brani come “The sunk’n Norvegian” o “Buckfast powersmash” o la title track o l’epica “Scraping the barrel” o la scanzonata “Barret’s privateers” ti pigliano dal primo ascolto, vuol dire che funzionano bene così, quindi perché stravolgere le cose? Se non siete amanti del cinema e quindi non avete seguito la saga di Jack Sparrow ma amate la pirateria e tutto quello che vi ruota intorno, o più semplicemente se vi va di passare tre quarti d’ora in spensieratezza a suon di metal e folk, vi consiglio di tenere d’occhio gli Alestorm e di dare un’ascoltata a questo “Back through time”, non ve ne pentirete…
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