Dopo lo stravolgimento della formazione spagnola, che ha visto la fuoriuscita della cantante Elisa, i
Dark Moor autointitolando il loro nuovo album sembrano voler sottintendere ad un nuovo inizio. Qualche tempo fa il loro chitarrista Enrik García mi disse che la band era intenzionata ad intraprendere una nuova direzione, decisamente più heavy ed oscura, beh... io non l'ho percepita, perlomeno non in maniera così profonda come mi era stato dato di capire. Al massimo gli posso riconoscere che ora sono meno marcati i legami con i Rhapsody e che il suono si è fatto più robusto. Non che questo sia un male, i vecchi Dark Moor mi sono sempre piaciuti e fortunatamente continuano a farlo pure adesso, e la prima canzone, "A Life for Revenge", è la perfetta esemplificazione di quanto appena detto. Alfred Romero si presenta subito bene, anche se in realtà è sin troppo accostabile allo stile di Elisa, ma è sopratutto il songwriting del gruppo a mantenersi ben sopra la media ed i brani sono davvero efficaci, sia grazie alla produzione (i New Sin Studios di Luigi Stefanini) sia agli arrangiamenti, arricchiti dalla presenza di diversi ospiti. Tra questi troviamo il soprano Beatriz Albert, la cantante degli Arwen (Mamen Castano), il Coro Valcavasia e, sorpresa, il coro di una scuola media di Montegrappa! L'inizio (un po' alla Sentenced) di "The Bane of Daninsky (The Werewolf)" prelude ad un brano dalle atmosfere drammatiche, uno dei pezzi migliori e probabilmente quello più heavy dell'album. "Philip, The Second" attirerà senz'altro le attenzioni di chi ha apprezzato il progetto Avantasia e sfrutta brillantemente le parti sinfoniche e quelle corali. Più semplice e diretta "From Hell" mette sulla bilancia un riff possente ed un refrain che colgono subito il segno, senza sottovalutarne la bella frazione strumentale, sia nella sua componente sinfonica sia in quella "elettrica". Su "Cyrano of Bergerac" sono invece subito riconoscibili i Dark Moor di "Gates of Oblivion", un brano "così così" ma impreziosito dalla prestazione dell'ospite Beatriz Albert. A questo punto prende il via la suite "Attila", suddivisa in 5 sezioni. Si parte con un movimento orchestrale che sfuma in una "Wind Like Stroke" strepitosa: inizio alla Carmina Burana e poi attacco a doppia cassa per un brano epico e dall'andamento sostenuto, con i Dark Moor che si (ci?) esaltano con i cori, indubbiamente uno dei loro punti di forza. Meno veloce ma altrettanto intensa la seguente "Return for Love", dove Romero sceglie linee vocali più personali rispetto a quanto fatto sinora, lasciando intravedere che potrà apportare qualche novità nei prossimi lavori del gruppo. "Amore Venio" (prima clavicembalo ed archi, poi finale corale) serve più che altro ad introdurre la battagliera ed epica, ma non altrettanto immediata, "The Ghost Sword". La conclusiva e autocelebrativa "Dark Moor" ha un andamento classicheggiante ma è caratterizzata sopratutto da molteplici e variegati inserti vocali (corali e solisti) sui quali fa la parte del leone un chorus dove è scandito a volontà il nome della band. "Dark Moor" è un ottimo album, che piacerà sicuramente ai fans del gruppo e a chi apprezza il genere, talvolta riaffaccia la sensazione che gli spagnoli avrebbero dovuto osare di più. Forse per questo meriterebbero mezzo punto in meno, ma...
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