Copertina 6,5

Info

Anno di uscita:2011
Durata:40 min.
Etichetta:Indelirium

Tracklist

  1. CONFESSIONS ON THE SUICIDE BRIDGE
  2. MEDICINE BALL
  3. WHEN WE PART WAYS
  4. FUNERAL PYRE
  5. I WANT TO SEE THE BRIGHT LIGHTS
  6. CLOSE TO DEATH
  7. BLINDSIDED (COUPLE THERAPY)
  8. E45 (DRIVING DESTINATIONLESS)
  9. PLAY THE ROLE
  10. MANIAC
  11. FIGHT THE FIRE

Line up

  • Fausto: vocals, guitars
  • Fabio: guitars, backing vocals
  • Anthony: bass, backing vocals
  • Pier: drums, backing vocals

Voto medio utenti

Coffeeshower, una doccia di caffè.
A parte che è quella che mi servirebbe in questo momento per sopravvivere a un luminoso venerdì lavorativo, questo è il monicker che i 4 ragazzi abruzzesi hanno deciso di fare loro e di "indossare" per proporci la loro musica, un interessante mix di hardcore, punk e rock che sicuramente si pone l'obiettivo di darci una svegliata.

E fondamentalmente ci riesce, dato che la proposta musicale dei Coffeeshower, in questo debut album "Kicking a Medicine Ball" (debut se non consideriamo uno split di qualche anno fa, francamente non imprescindibile), è come già detto davvero interessante, anche se ha il grosso difetto di risultare un po' troppo fine a se stessa.
Non ci sono infatti grossi picchi tra le 11 tracce che compongono il disco, nessuna canzone riesce particolarmente a rimanere impressa, se non "Medicine Ball" e la riuscitissima cover di "Maniac", classico degli anni '80 interpretato da Michael Sembello e proveniente dal film "Flashdance". Ecco, il problema è proprio questo: la canzone più riuscita del disco, almeno a mio parere, è una cover. Questo cosa può voler dire? Che purtroppo gli abruzzesi peccano un po' dal punto di vista del songwriting, solo parzialmente scusati in questo dai diversi cambi di line-up che hanno "sconvolto" la struttura della band. Il cantato fin troppo punk-core poi non aiuta di certo a farmi piacere un disco che si fa si ascoltare, ma mai più di una volta.
Cosa fare quindi? Io dico di partire da quanto di buono c'è in questo disco e "metallizzare" un po' di più il loro suono, come fatto appunto nella cover di "Maniac", dove le chitarre si fanno più pesanti e spunta anche un assolo semplice ma tecnicamente ineccepibile.

Consigliato solo ai patiti del genere, mentre per gli altri consiglio comunque l'ascolto della pluri-citata cover di "Maniac", davvero un piccolo gioiellino che alza da sola di un mezzo voto la valutazione di un disco altrimenti al limite della sufficienza.

Quoth the Raven, Nevermore..
Recensione a cura di Andrea Gandy Perlini

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