Dietro l’enigmatica denominazione
Maya Galattici operano Marco Pagot e Alessandro Antonel, due brillanti polistrumentisti con un passato nei Chinasky e una passione per miscelare pop e psichedelia, in una felice combinazione tra
nuovo e
antico, realizzando un visionario viaggio nei reami della creatività e della suggestione emotiva.
“Analogic signals from the sun”, questo il titolo del fascinoso itinerario, mette a fuoco un impasto sonoro che unisce idealmente una galleria di celebrità musicali, riuscendo però nell’impresa di dilatare riferimenti e richiami, aprendo prospettive originali ed inedite.
Ed ecco che, per cercare di fornire qualche coordinata utile al lettore, bisogna, innanzi tutto, parlare del periodo
psych di Beatles e Stones, di contributi Barret-
iani, di forme stralunate di
folk e
roots anglosassone (tra CSN, Byrds e The Coral), di una versione aggiornata delle sensazioni
flower-power, di vaghe intromissioni
kraut e
space- rock (Ozric Tentacles?), inserite in un sostrato che può rimandare al
modus operandi di gente come Blur e Stereolab.
Come si può ben capire, un sacco di “roba”, eppure il punto di forza del duo è proprio quello di una rilettura “intelligente” del proprio
background, forti di fibre musicali sempre fluide e suadenti, capaci di creare ambientazioni rarefatte e pulsanti, in cui la carica lisergica si stempera in orizzonti policromi e onirici, appena increspati dalle fluttuazioni di un basso o dalle spirali delicate delle chitarre.
Abilissimi nella costruzione di vaporosi impasti vocali, Pagot e Antonel affidano al nostro apparato uditivo riverberi di melodie pervase di seduzione, fornendo la netta impressione di una sorta di
happening sonico ispirato da sentimenti quali libertà e catarsi, in un vagare senza meta tra un mare d’ipnotica e distesa
popedelia.
Per una volta non cederò alla tentazione di una scansione dei singoli brani o ad una segnalazione di quelli maggiormente comunicativi (non posso esimermi, tuttavia, di esternare un’insana attrazione per la palpitante “Razor bird”, in grado di evocare, in qualche maniera, nella mia ormai
costipata memoria musicale, l’approccio artistico straniante dei Jester Of Destiny …), lasciando che ognuno degli eventuali fruitori sia libero di tracciare i propri “appunti di viaggio”.
Le ultime righe sono riservate all’invito di non mancare il contatto con i Maya Galattici … anche in assenza di voci stentoree e suoni prorompenti (che pure tanto ci piacciono!), meritano tutta l’attenzione del
sagace e
glorioso popolo di Metal.it!
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