Che gruppo quello dei
Dragonland... mi faranno sempre imbestialire, ed allo stesso tempo, come sempre, li amerò e li seguirò fino alla fine dei giorni.
Quella voglia di strafare, di voler sempre a tutti i costi "crescere" oltre il limite, con l'ovvio risultato di snaturarsi e rovinare quanto di buono è stato costruito negli anni, eppure poi bastano 15-20 secondi in un brano, geniali, illuminanti, e l'amore torna a sbocciare, ma sempre con il rimpianto che questi cinque svedesi con un poca più di umiltà avrebbero potuto essere davvero le stelle del power metal europeo, con buona pace di
Nightwish, Sonata Arctica, Hammerfall e tutti gli altri.
Cinque anni di assenza dopo i flop (commerciali) di "
Starfall" ed "
Astronomy", dischi su cui la
Century Media puntava tutto e che invece sono stati l'inizio della prima fine per i Dragonland, band nata come formazione dedita al power metal più becero ed urlato che possa esistere e che poi ha deciso di raffinarsi troppo, lo stesso errore commesso dai
Rhapsody.
La mia speranza di risentirli ai fasti di un tempo era basata su più aspetti: in primis questi 5 anni di "punizione", che speravo fossero serviti da lezione; poi il reclutamento da parte della AFM, etichetta storicamente legata al power più classico, ed ancora la presenza nei titoli di elementi richiamanti il periodo d'oro dei Dragonland, come "
Shadow Of The Mithril Mountains", opener di questo nuovo disco e così simile alla leggendaria, storica e bellissima "
Majesty of the Mithril Mountains", una delle gemme di "
Holy Land" del 2002, album che li aveva di fatto lanciati verso il contratto Century Media ed una carriera molto più luminosa di quella che è stata.
E' bastata l'intro "
Ilmarion" a spazzare via tutte le mie speranze, 3 minuti e passa di colonna sonora cinematografica, in pieno stile dell'hollywoodiano
Avatar, come i Rhapsody appunto, che mi hanno lasciato immediatamente rammaricato e sconsolato sulla direzione intrapresa dai Dragonland, che infatti non tornano al passato e proseguono sulla direzione di "Starfall" ed "Astronomy".
Un vero peccato.
E la qualità?
Come sempre, altalenante a palla.
La già citata "
Shadow Of The Mithril Mountains" parte benissimo e non nascondiamo che la voce di
Jonas Heidgert è qualcosa di straordinario e ci fa emozionare ancora, a distanza di tanti anni, e che le linee vocali disegnate dai nostri sono tra le più belle e riuscite della scena power di sempre, con quel gusto che solo gli scandinavi sanno avere: purtroppo "
Under the Grey Banner" soffre come sempre di cali di tensione, di break poco opportuni, di aperture sinfoniche che spezzano il ritmo proprio sul più bello, quando si vorrebbe scapocciare su quel riff tanto trascinante od urlare su quel chorus così entusiasmante.
Insomma, la solita sindrome da "
coitus interruptus" che da sempre attanaglia i Dragonland, scevri da questo problema solamente nei primi due episodi, quando non volevano strafare e non si erano imborghesiti con tutta 'sta voglia di stupire e fare il passo più lungo della gamba.
Ovviamente continuerò ad ascoltarli ed apprezzarli per sempre, ma "
Under the Grey Banner" è l'ennesima occasione sprecata per i
Dragonland.
Non ci si crede.