E’ già da qualche tempo che l’accostamento tra
Italia e
rock melodico non istiga più la comparsa di sorrisetti ironici e bonari sui volti, spesso dai tratti somatici
allogeni, di addetti ai lavori e appassionati del settore … sulle orme
luminescenti dei pionieri Elektradrive, Edge Of Forever, Shining Line, Myland, Los Angeles, Wheels Of Fire, Perfect View, 8-Is, Lionville e qualche altro hanno dimostrato che esiste concretamente una “via tricolore” al genere e che non ha nulla da invidiare né alla scena scandinava, né a quella mitteleuropea, né a quella albionica, riuscendo a mettere in difficoltà
addirittura la culla artistica di queste sonorità, risiedente nella fetta più
radiofonica dello sterminato continente nord-americano.
Un “complesso d’inferiorità” purtroppo vissuto per troppi anni e che oggi sembra completamente debellato anche grazie a questi
Soul Seller, smagliante formazione di Santhià (Piemonte
rules!) che si aggiunge prepotentemente al suddetto
elenco d’onore e contribuisce fattivamente alla “causa” con un disco d’esordio ufficiale alquanto maturo, ricco di riferimenti e d’inevitabili influenze ma lontano mille miglia dal banale riciclaggio stilistico.
Bon Jovi, Danger Danger, Whitesnake, Aldo Nova e King Kobra ( a cui si aggiunge pure appena un pizzico d’incisività suburbana tipica dello
street-metal … diciamo qualcosa tra L.A. Guns e Ratt) possono essere distintamente identificati nel ruolo di “buoni maestri” della situazione, e tuttavia, anche in questo turbinare di contagiose suggestioni, il quintetto mantiene inalterata la propria “identità”, non “inventando” eppure ostentando sensibilità, ispirazione e intelligenza, doti fondamentali per sfuggire quella fastidiosa sensazione di “pesantemente derivativo” molte volte percepibile in un panorama musicale, è doveroso riconoscerlo, in evidente crisi di nuovi stimoli creativi.
Poco male, tutto sommato … almeno finché, in un genere comunque piuttosto “conservatore” come questo, ci saranno gruppi del calibro dei Soul Seller, capaci di unire tecnica impeccabile e freschezza interpretativa, di sorvolare il
cliché con la forza di un
songwriting devoto alla tradizione e sufficiente vibrante da non assoggettarsi a pratiche di
assoluta subordinazione.
La voce di Carrata, che combina elementi di John Francis Bongiovi, Danny Vaughn e Michele Luppi, è la prima nota lieta del disco, e la sua interazione “ragionata” con le ficcanti sei corde di Audisio e Dave Zublena rappresenta una potente “arma di seduzione globale” (a proposito di
fascino, non male davvero nemmeno la protagonista femminile del video di “Wings of freedom”, che se non sbaglio risponde al nome di Marina Saba!), laddove le tastiere aggiungono estensione armonica e la sezione ritmica coordina con le sue pulsazioni precise e regolari il corretto funzionamento di questo efficace e persuasivo organismo musicale.
La già citata “Wings of freedom” apre le “danze” con raffinatezza e vitalità, anche se personalmente è altrove che i Soul Seller offrono la loro immagine migliore: “Change your heart tonight”, conquista all’istante, “All I can promise”, "Hope on the horizon”, "Old hero’s prayer” e la
title-track possiedono una tensione e una spigliatezza degne dei “grandi” (il Bon Jovi dei tempi d’oro, ad esempio!) e la struggente “Hell of tears” (la chitarra, soprattutto nell’
incipit, ha un vago sentore dell’immortale “All the young dudes”) e “A message from Planet Venus” aggiungono un tocco di
glamour al tipico magnetismo melodico della band.
“New power day” e “Rock still stands” dilettano per la solidità e per la tempra, mentre tocca a “Beautiful heretic’s dream” completare, attraverso un eccitante numero di
pomp-hard, l’operazione di soggiogamento sensoriale, per la soddisfazione estesa di tutti i
melodic rockers all’ascolto.
Ultima segnalazione per “Keep on moving”, un momento di pura venerazione Whitesnake-
iana, alla cui riuscita partecipa un volitivo Oliver Hartmann (Avantasia, At Vance), per un’altra notevole “zampata” emotiva all’interno di un albo gratificato dal filo conduttore della qualità e della forza espressiva.
Arrivati troppo tardi per rimpinguare ulteriormente la mia voluminosa
playlist annuale, i Soul Seller l’avrebbero acquisita senza la minima esitazione, così come meritano la ben più importante attenzione incontrastata dell’intera “comunità internazionale”, ormai (spero!) pienamente consapevole della credibilità del Belpaese, almeno in un campo piuttosto lontano dal solito “teatrino” della politica e dalle sue connessioni con le sempre più angoscianti strategie economiche mondiali.