Copertina 7,5

Info

Anno di uscita:2004
Durata:44 min.
Etichetta:Code666
Distribuzione:Audioglobe

Tracklist

  1. VIVID
  2. PURGE
  3. WHORE
  4. ALONE
  5. TRUST
  6. BOUND
  7. MISTRESS
  8. CARINOU
  9. CHRIS
  10. DEAD

Line up

  • Fredrik Soderlund: vocals, guitars, programming
  • Maggie Elfving: programming
  • Sofie Svenson: vocals

Voto medio utenti

Ho ascoltato questo disco per ben tre volte di fila senza capirci un'acca. Ero tentato di stroncarlo senza pietà. Poi ho visto la luce. Al quarto ascolto sono riuscito a penetrare la coltre di synths e atmosfere siderali presenti in questo disco, per giungere in una dimensione empatica con l'autore. L'autore, almeno quello principale, è Fredrik Soderlund, già nei Puissance, che, per questo progetto, ha unito le sue forze con Maggie Elfving e Sofie Svenson. Sarebbe difficile descrivere in una sola parola il sound dei Carinou, essendo un mix di varie influenze che, i meno edotti in materia, potrebbero classificare sotto il nome di "musica elettronica" o, peggio ancora, musica "tunzettara". Punto di forza della band, ed uno degli elementi che mi faceva propendere per una prematura stroncatura, è la voce di Soderlund, perfettamente confondibile con quella di Brian Molko dei Placebo e con il singer dei Pet Shop Boys, ma comunque ipnotica, mesmerizzante. Dicevamo del sound, vario, stratificato, con diversi livelli di profondità e chiavi di lettura. Se l'iniziale "Vivid" mostra il lato più ballabile e ritmato della band, sospesa tra ebm e techno, con melodia e refrain orecchiabile, le tracks successive c’introducono in una dimensione più ricercata, laddove "Purge" è un unico continuo synth siderale, pervasa da una sottile tensione affine alla dark ambient, con tanto di voce proveniente dallo spazio profondo, "Whore" ci riporta su coordinate spaziali, con chiari riferimenti alla new wave, frutto della dimensione oscura nella quale si dibatte la song. I Carinou non rinunciano mai alla melodia, la quale però raramente indugia nella faciloneria, ma è sempre abbastanza ricercata. Ciò fa della maggior parte delle songs delle vere e proprie schegge che ti si piantano in testa; non riuscirai mai a cantarle ma quel refrain così melodico e persuasivo è un chiodo nel cervello che non va via. "Alone" è lenta, rallentata, sprazzi di soave melodia bagnata in tiepida elettronica, adagiata su un morbido tappeto di silicio. Con "Trust" si respira un pò di metal, grazie alla struttura della song che mette in risalto le chitarre, ma l'atmosfera rimane sempre oscura, grazie a tastiere che, pur dando una verve progressiva alla song, la tengono dentro ambiti più propriamente electro-pop, non mi scandalizzerei se questa song divenisse un hit nei club di mezza Europa. "Bound" riprende le coordinate della song precedente, con chitarre cattive e ritmica sostenuta che, un pò fuori contesto, potrebbe essere definita cyber. Semplicemente stupenda nei suoi break melodici e duri allo stesso tempo. "Mistress" ha un incedere lascivo, voluttuoso, osceno, una song sensuale. "Carinou" invece si nutre di fragile malinconia, con un piano romantico e nostalgico, con atmosfere da brivido. Rarefatta ed intensa allo stesso tempo. "Chris" sposta le coordinate, almeno quelle iniziali, sulla techno vera e propria, in una song che null'altro sembra se non un remix, techno appunto, di una song dei Pet Shop Boys, sia nelle melodie, che richiamano certa dance inglese anni '80, sia nella struttura che è alquanto semplice ma efficace. La conclusiva "Dead" rimanda invece a certa dark wave dei primi anni '80, pur essendo modernizzata e de-umanizzata da ritmiche digitali.
Dopo questa lunga disamina penso che abbiate il quadro ben chiaro sulla proposta dei Carinou, la quale colpisce per la dimensione trasversale della propria proposta, sospesa tra modernismo e influenze ottantiane, laddove la prima impressione di "ruffianità" che avevo avuto è stata soppiantata da un'impressione d’eleganza e ricercatezza all'interno di un contesto, difficile per tali qualità, quale la melodia ed il refrain fruibile. Tuttavia la chiave di lettura di questo "Bound" è, e deve essere, assolutamente personale visto che siamo in un ambito nel quale la soggettività la fa da padrone (pensate che la bio parla anche di black metal misanthropy o di fredda industrial svedese, elementi che onestamente non ho colto), però i Carinou, dato l'ampio respiro della propria proposta, possono piacere un pò a tutti. Non per tutti, ma pronti ad essere apprezzati da tutti.
Recensione a cura di Luigi 'Gino' Schettino

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