“Arrivare troppo presto” non è mai una circostanza particolarmente favorevole, tantomeno in ambito musicale … osserviamo, ad esempio, la storia dei
Prong (ma gli esempi sono molteplici … basta pensare, tra gli altri, nel medesimo settore, ai Warrior Soul): un gruppo tra i primi a coniugare contemporaneamente i linguaggi dell’
heavy metal più radicale, dell’
hardcore, nel
noise e della
new-wave, contribuendo a rifondare in senso “innovativo” un suono che per il suo rigore era tacciato di obsolescenza (il “classico” non era ben visto come adesso …) e che anche grazie a loro superava le barriere sotto le nuove generalità di “crossover” … con tali presupposti c’era da aspettarsi un successo planetario, con attese spasmodiche e grande attenzione ad ogni mossa discografica.
Invece, dopo le discrete fortune degli anni novanta, rilevanti e tuttavia non del tutto adeguate alla statura pionieristica della band, poco altro, se non l’affetto dei
fans maggiormente fedeli e irriducibili.
Analizzare i motivi di tale “ingiustizia” (pur coadiuvata, magari, da qualche piccolo
svarione … ) non è compito specifico di questa disamina, eppure sottolineare quanto siano importanti il tempismo e la “fortuna” in ogni impresa artistica (e non solo …) appare comunque necessario per introdurre “Carved into stone”, uno di quei dischi che verosimilmente non erano in molti ad aspettare con ansia e che sarebbe, però, veramente “delittuoso” sottovalutare, disperdendolo nel
mare magnum delle opportunità offerte dall’attuale mercato del disco.
Il sound monolitico dei Prong, quello splendidamente “ripetitivo” nella sua creatività, quello capace di mescolare la violenza dei
riff metallici con le suggestioni della
dark-wave, quello verosimilmente troppo inquietante e intenso per conquistare (nonostante qualche minima concessione “commerciale”)
davvero il grande pubblico, torna nell’anno 2012 a far sentire la sua “voce” assordante e spalancherà ancora una volta le orecchie a chi saprà coglierne la poderosa forza espressiva.
Definire l’intera operazione come una vibrante e produttiva interpolazione tra Metallica, Swans e Killing Joke, pur negli inevitabili limiti oggettivi di una
semplificazione di questo tipo, può essere anche stavolta un buon modo per esporre i contenuti del Cd, soprattutto, se, in qualche modo, servirà ad attrarre qualche “neofita” sempre più indeciso, nel marasma dell’offerta contemporanea, nell’indirizzare i propri “ascolti” (e avrei voluto dire acquisti …).
Le scorticanti e algide stilettate
techno-thrash di “Eternal heat” e “List of grievances” dimostrano che la rabbia non è sopita, le dissonanze aggiuntive di “Keep on living in pain”, “Ammunition” e “Reinvestigate”, fino al tocco
esotico di “Subtract” (con bagliori di The Mission nell’amalgama) e all’esoterismo cibernetico di “State of rebellion”, accertano che la suggestiva materializzazione di apocalittiche ambientazioni
post-industriali è ancora saldamente presente tra le tante capacità dei newyorkesi, mentre il soggiogamento sensoriale, con modalità degne dello
Scherzo che Uccide, che alimenta “Revenge ... best served cold” e “Path of least resistance” conferma in maniera palese e proficua certe
antiche influenze.
Maggiori perplessità le potranno destare l’affabilità di “Put myself to sleep” e una
title-track assai attraente e ciononostante pregna di peculiarità forse un po’ troppo Ozzy-
esque … anche qui, nondimeno, la classe non è
mai in discussione, suffragata dall’impressione netta che l’intento essenziale sia di rendere, come di consueto, completo e variegato il prodotto e non di affidarsi ad una qualsivoglia forma di compiacimento.
Una volta Tommy Victor, indiscutibile
leader della band americana, disse che non era interessato a proporre una musica slegata dalle “cose problematiche” dell’esistenza e che la sua arte non era certamente una celebrazione della gioia … non so se al risultato abbia contribuito il momento storico sicuramente difficile e angosciato, ma se così fosse avremmo trovato uno dei
rarissimi motivi di conforto da concedere alla situazione contingente della nostra società, sempre più preoccupante e precaria.