Canaan - Of Prisoners, Wandering Souls And Cruel Fears

Copertina 10

Info

Genere:Gothic / Dark
Anno di uscita:2012
Durata:101 min.
Etichetta:Eibon Records
Distribuzione:Aural Music

Tracklist

  1. DISC 1 - THE LIGHTHOUSE KEEPER
  2. DISC 1 - THE MEMORY TRAVELLER
  3. DISC 1 - THE SCREAM PAINTER
  4. DISC 1 - THE GHOST CHASER
  5. DISC 1 - THE ILLUSION FUGITIVE
  6. DISC 1 - THE MIND ERASER
  7. DISC 1 - THE NIGHT BEGGAR
  8. DISC 1 - THE SOLAR ENEMY
  9. DISC 1 - THE FEAR MERCHANT
  10. DISC 1 - THE PAIN SENTINEL
  11. DISC 1 - THE LOVE SLASHER
  12. DISC 2 - PRISONER #1
  13. DISC 2 - PRISONER #2
  14. DISC 2 - PRISONER #3
  15. DISC 2 - PRISONER #4
  16. DISC 2 - PRISONER #5
  17. DISC 2 - PRISONER #6
  18. DISC 2 - PRISONER #7
  19. DISC 2 - PRISONER #8
  20. DISC 2 - PRISONER #9
  21. DISC 2 - PRISONER #10
  22. DISC 2 - PRISONER #11

Line up

  • Mauro: vocals, guitar, keyboards & samples
  • Arianna: vocals
  • Nico: guitars
  • Alberto: bass
  • Andrea: drums

Voto medio utenti

Avevo perso di vista i Canaan da un bel po’ di tempo, ovvero da “The Unsaid Words” del 2006. Nel frattempo la band ha dato alle stampe “Contro.Luce” del 2010, disco che mi sono colpevolmente perso e che, ancor più colpevolmente, non sono ancora riuscito a rimediare.
Poco male, perché con il nuovo “Of Prisoners, Wandering Souls And Cruel Fears” nulla ha più senso, né prima né dopo.
Il presente disco è l’opera assoluta, totale, definitiva di Mauro Berchi, e dei fantasmi che agitano la sua psiche. 2 dischi, 22 canzoni, quasi due ore di psicopatie rivestite di tristezza, malinconia, infelicità, uggia, dolore, disperazione, depressione, angoscia, ansia, inquietudine, tormento.
Infinite declinazioni di un disco che non è né bianco né nero, ma si dissolve nelle interminabili tonalità del grigio.
E pensare che il primo impatto con questo disco è stato assolutamente negativo. Sarà stato il caldo, sarà stato il sole di giugno, sarà stata la produzione molto ruvida e sporca, sarà stata l’apparente piattezza delle canzoni, ma ero fermamente deciso a stroncare questo disco, il quale mi appariva solo una pretenziosa e stucchevole prolissità fatta musica, assolutamente noiosa e insulsa. Ero convinto che, addirittura, da salvare fosse solo il secondo disco, interamente strumentale.
Ci sono voluti ripetuti ascolti, una concentrazione fuori dall’ordinario, e un’immersione completa nella musica per carpire la vera essenza di quest’opera. Opera che abbraccia svariati generi, dal funeral doom orchestrale al gothic, passando per la darkwave, con spruzzate di industrial (cfr. “Ghost Chaser” o “The Illusion Fugitive”) e di rock dilatato e liquido. D’un tratto la verità mi si è rivelata, sconvolgente, e ho compreso che la produzione ruvida e sporca era null’altro che la vivificazione del marcio che Mauro ha cercato di tirare fuori da sé, come una catarsi purificatrice la quale, anziché del fuoco, ha bisogno di arpeggi di chitarra che sbiadiscono come fossero tramonti, tramonti cui non seguirà alcuna alba, tastiere apocalittiche, e una prova vocale tragica, drammatica, nella quale le voci di Mauro e Arianna quasi mai si dividono, sovrapponendosi lungo (quasi) tutta la durata del primo disco. Il risultato è un suono, come fosse un’unica nota, dove musica e voci diventano un connubio inscindibile, un connubio a forma di cuneo che si insinua nel cervello, vi penetra a fondo, e vi instilla il virus pernicioso di cui questo disco si fa latore.
Da qualunque parte lo si guardi, questo disco è monolitico, le 11 canzoni di entrambi i dischi sembrano essere ognuno il prosieguo dell’altra, ed ecco spiegata anche l’iniziale sensazione di piattezza delle composizioni. La verità è che fa tutto parte del medesimo disegno, perché i Canaan vogliono che penetriamo nei loro recessi più intimi, per immergerci in un mondo cupo e disperato, ben rappresentato dalla splendida copertina. Il primo disco non ha una nota che sia una che possa trascurarsi, ogni sillaba, ogni minuzia, è una tessera di un puzzle che assume forma e significanza solo se osservato nel suo complesso. “The Scream Painters”, “The Lighthouse Keepers”, "The Fear Merchant” e tutte le altre canzoni non danno alcuna speranza all’ascoltatore, hanno la capacità di gettarlo in uno stato di prostrazione (al punto che io stesso ho dovuto più volte interrompere l’ascolto del disco), e hanno persino la capacità di oscurare il sole di giugno, e di farvi sentire freddo. Gli Shape Of Despair ucciderebbero per comporre anche una sola nota di questo disco. L’unico rammarico è il non poter fruire dei testi, ma accontentarsi di carpire brandelli di testo qua e là, giacché il promo è digitale.
Il secondo disco, composto da 11 prigionieri, esplora il lato ambient della band, giocando con l’elettronica, mediante un sound mesmerizzante, ipnotico, dai tratti onirici. Atmosfere rarefatte eppure dense, con inquietudini ‘lynchiane’, tribalismi e campionamenti assortiti, vibrazioni sepulcrali. Un labirinto sonoro che sembra sospeso tra The Axis Of Perdition e Lustmord. Un disco che da solo farebbe gridare al miracolo ed invece è soltanto la seconda parte di “Of Prisoners, Wandering Souls And Cruel Fears”.
Mi piacerebbe dire a tutti di comprare questo disco, ma questo disco non è per tutti. Questo disco è oltre ogni umana concezione. Il capolavoro definitivo di chi ha saputo dare un volto alla disperazione più nera, alla depressione più profonda, al dolore più viscerale. Un capolavoro che trascende generi ed etichette. La rappresentazione più viva della misera, miserrima e miserevole condizione umana, precaria, labile, fragile.
Recensione a cura di Luigi 'Gino' Schettino

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Ultimi commenti dei lettori

Inserito il 19 giu 2012 alle 10:38

Se dovessi, oggi, consigliare un disco uscito nel 2012 a qualche metallaro "evoluto" (se mi passate la definizione) sarebbe questo. Vale i soldi che costa, nemmeno tanti poi. è esattamente ciò che ho intenzione di acquistare

Inserito il 18 giu 2012 alle 14:22

Se dovessi, oggi, consigliare un disco uscito nel 2012 a qualche metallaro "evoluto" (se mi passate la definizione) sarebbe questo. Vale i soldi che costa, nemmeno tanti poi.

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