Gli
Admin sono la terza formazione di
alternative post-grunge (oppure
modern radio-rock o come preferite chiamarlo voi …) dell’area modenese giunto nei tempi recenti ad essere sottoposto alla mia attenzione.
Ora, o si stanno creando i presupposti per una
nuova Seattle (con cibo e clima migliori!), oppure, più
pragmaticamente e
sobriamente, la scena musicale specifica di quelle zone sta “crescendo” davvero bene, aggiungendosi alle tante eccellenze per le quali è riconosciuta l’Emilia Romagna.
Dopo Golden Sextion e Motorfingers anche gli artefici (tra l’altro Dessi è anche il cognome del cantante dei G.S. … una
dinastia di agguerriti
rockers d’assalto?) di questo “Doomsday” possono essere annoverati nella blasonata schiera dei credibili contendenti ad Alter Bridge, Nickleback, Black Stone Cherry, Shinedown, 3 Doors Down e Theory of a Deadman per lo scettro di categoria e sebbene al momento, in realtà, i nostri risultino ancora leggermente
distaccati sia dai loro colleghi italiani e sia dai modelli nordamericani, è facile rilevare anche nei solchi di quest’autoproduzione la presenza di materiale di prima scelta, solo vagamente dispersivo e non ancora pienamente irretente dal punto di vista melodico.
Gli Admin sanno, infatti, come trasformare le evidenti influenze
grunge,
hard-rock e
metal in canzoni vibranti e piacevoli, ma faticano un po’ a mantenere desta e vigile l’attenzione dell’ascoltatore appassionato per la durata di un disco intero.
Ecco che se la
title-track lascia presagire, grazie anche ad un suggestivo tocco mediorientale, un albo pregno d’immediatezza e di vibrante
groove sensoriale, la successiva “DoggyStyle”, nonostante gli intriganti bagliori
funky, riesce a replicare solo in parte le suggestioni dell’
opener, mentre tocca a “Rain” risollevare con intraprendenza i termini della questione, attraverso una struttura armonica che unisce “trazione” ed affabilità.
“Forever in me” interpreta il ruolo di
ballatona virile e intimista con buone qualità, “Far from home” irrompe con notevole urgenza e ispirazione, ma è con “Break the world” che gli Admin piazzano un altro colpo davvero “stordente” … se riuscite ad immaginare un incrocio tra Social Distortion, Ozzy e Tool, non sarete
troppo lontani da un pezzo capace di coniugare contemporaneamente creatività e istantaneità.
Altro piccolo calo di “tensione” con “Freedom”, per certi versi simile alla precedente e meno efficace, “Distractedly” e “38 Times” hanno un discreto “tiro” e appaiono lievemente prevedibili e “Ridicolous”, conquista nuovamente senza troppe remore, marchiata com’è da un imperioso crescendo emotivo (beh, anche questo non esattamente “rivoluzionario” …) e dalle caratteristiche adeguate per una gratificante programmazione radiofonica.
Le potenzialità sono molte appaiono vivide in più di un’occasione, manca solo una rifinitura finale per concretizzare e concertare veramente il tutto, riservando una particolare attenzione a certe flessioni nel
songwriting e magari pure alla bella voce di Erik Riva, da rendere ancora più risoluta e convinta.
La “sfida” è aperta e molto avvincente …
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