Khors è il dio slavo del sole invernale.
Egli rappresenta il sole vecchio che diventa più piccolo man mano che i giorni si accorciano nell'emisfero settentrionale, e muore il giorno del Korochun, il solstizio invernale.Sin dal monicker scelto il gruppo ucraino, che giunge alla sua quinta fatica, mette in evidenza un forte legame con la sua terra, un vincolo di sangue saldissimo che permea la sua musica rendendola pagana, evocativa ed affascinante.
"Wisdom of Centuries" è, a mio parere, il lavoro migliore mai rilasciato dai nostri, quello più sentito, più "puro", più fiero.
Poco importa se i brani veri e propri siano solo quattro, mentre gli altri sono intermezzi strumentali, i
Khors riescono ugualmente a dare forma ed a plasmare il loro metal pagano secondo un gusto squisisto che si poggia, fondamentalmente, sull'atmosfera.
Chi conosce la scena ucraina e gruppi come i
Drudkh saprà benissimo che tipo di sonorità andrà ad ascoltare in questo lavoro.
Il black metal dei
Khors non è estremo nel senso "classico" del genere, ma è avvolgente come le spire della notte, è evocativo come un tramonto su uno sterminato campo ghiacciato, è gelido come la neve che ti sferza il viso durante una tempesta.
I tempi del disco non sono mai troppo veloci adagiandosi, spesso, su ritmi medi che amplificano la grandezza, anzi la grandiosità di una musica concepita per emozionare.
Brani come l'epicissima
"The Last Leaves", dal riff vicino a certi
Amon Amarth, la tenebrosa title track che, tra dolci arpeggi e macabro gracchiare di corvi, lambisce territori funeral doom, o la magistrale
"The Only Time Will Take It Away", lungo e sentito grido di amore verso le proprie terre, sono emblemi di una passione e di un talento indiscutibili che ci svelano le capapcità di un gruppo davvero unico nel suo genere.
Tutto l'album, in ogni caso, si muove su valori medi molto alti e i già citati intermezzi strumentali non sono messi li come riempitivi, ma servono perfettamente al loro scopo di creare una musica che è un vero e proprio manifesto di indipendenza pagana.
Una indipendenza che è patrimonio genetico di tutta una scena, quella ucraina, che sempre più spesso ci regala dischi meravigliosi che non si può far altro che amare.
Come
"Wisdom of Centuries".