Cosa aspettarsi da una band che nel 2012 sfoggia ancora orgogliosa i suoi variopinti spike in testa? Esattamente quello che è lecito attendersi da loro, e cioè del fottuto punk senza la benché minima intenzione di scendere a compromessi. Ed è questo che è “Resistance”, una dichiarazione di intenti chiara fin dal titolo. Come suona il nono album degli americani? Rigorosamente come deve suonare un album dei
Casualties: rozzo, diretto, nichilista, orgoglioso. Punk allo stato più puro, con le dovute influenze hardcore, Oi e thrash che da sempre contraddistinguono lo stile musicale dei nostri. E le cose vengono messe in chiaro fin da subito, con una sparatissima “My blood. My life. Always forward” e con la successiva “Behind barbed wire”, abbastanza thrashose. Con la titletrack torniamo in ambito più strettamente punk, con il classico ritornello Oi, mentre la successiva “Modern day slaves” è una mazzata thrashcore che farà la gioia dei fans dei Municipal Waste e compagnia thrashante… E via così, in una trascinante alternanza tra parti tiratissime, davvero ai limiti del thrash, e parti più punkose e piene zeppe dei classici coretti… E non manca neanche il classico pezzo cantato in spagnolo dal singer Jorge Herrera, “Corazones intoxicados”, tributo alle sue origini ispaniche… A parte segnalare l’abbandono della Side One Dummy, con la quale hanno pubblicato ben cinque album, per la più esposta (e remunerativa?) Season Of Mist, c’è poco altro da aggiungere sul disco in questione. Un gruppo come i Casualties, che ha sempre fatto un vanto del suo stile imperturbabile dalle mode, dai facili coretti pseudo punk alla MTV, o dai soldi facili, continuerà all’infinito a comporre e proporre album “uguali”. Il che è un bene, chiariamo… “Resistance” è un ottimo disco di street punk, forse non al 100% ai livelli dei classici del passato come “For the punx”, ma senz’altro valido da un punto di vista compositivo e dei contenuti, buon manifesto della coerenza stilistico attitudinale degli americani. In ogni caso non mancano nuovi inni, e chi ama cantare a squarciagola i coretti tipici del genere (la titletrack, “It’s coming down to you”, etc…) troverà di che sfamarsi. Se aggiungiamo una produzione scarna ma potente, direi che il cerchio si chiude alla perfezione. Sedici brani nichilisti, intransigenti, menefreghisti, che confermano i Casualties come una delle migliori realtà della frangia più inossidabile del punk…
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