Copertina 5

Info

Genere:Power Metal
Anno di uscita:2004
Durata:46 min.
Etichetta:Massacre
Distribuzione:Self

Tracklist

  1. DESIGN FOR LIVE
  2. THE VISION
  3. DREAM ON
  4. DIVINA COMEDIA
  5. FACE OF A DEMON
  6. UPON THE WORLD
  7. CAN YOU TELL
  8. VOICES
  9. IN DEATH

Line up

  • Apollo Papathanosio: vocals
  • Stefan Berg: guitars
  • Jonas Edstrom: bass
  • Ola Granlund: drums
  • Joakin Flake: keyboards

Voto medio utenti

Tutto lo spettro del metal neoclassico che va dai Rainbow a Malmsteen, dai Royal Hunt ai Symphony X, viene ripercorso dagli svedesi Meduza, giunti con questo "Upon The World" al proprio secondo album. Purtroppo in maniera alquanto dozzinale. Pochissimi gli spunti di interesse, ed è infatti, la noia a serpeggiare trai nove pezzi che compongono l'album, che prende il via con la scontata "Design for Live", che scorrerebbe via anonima se non fosse per un brusco break strumentale. Nella line-up troviamo qualche musicista già incontrato per strada, come il cantante Apollo Papathanosio, autore di una prova tutto sommato sufficiente, che ho recentemente ascoltato con i Time Requiem (ma che in passato ha cantato anche nei Majestic), oppure Joakin Flake (ex Elsesphere), anche se poi il cardine della band sembra essere il chitarrista Stefan Berg, uno dei tre fondatori della band assieme al bassista Jonas Edstrom ed al batterista Ola Granlund. Tutti musicisti che saranno pure bravi, ma che su questo album fanno davvero fatica a dimostrarlo. "Dream On" ha un incedere alla Axel Rudy Pell (quindi alla Rainbow...) ma non è l'enfasi epica quella che pervade l'ascoltatore, sicuramente intento a trattenere gli sbadigli. "Divina Comedia" perlomeno mostra un po' di grinta, riallacciandosi con le cose migliori dei Rising Force. Tutto terreno conquistato che gli svedesi perdono però già con le successive "Face Of A Demon" e "Upon The World", assolutamente scontate e derivative, ma dove perlomeno evitano le vocals filtrate ed i passaggi "spaziali" che ci propongono invece sulla doomeggiante "Can You Tell", dove in realtà si intravedrebbe pure qualche spunto interessante. Mal sviluppato. L'unica cosa veramente valida del disco i Meduza la tengono per il finale, con "In Death", che chiude l'album dopo la ritmata e discreta "Voices". "In Death" è un brano totalmente avulso dal contesto di questo album, una ballad acustica dai toni dark e drammatici su cui Apollo si stacca dall'orientamento "Jeff Scott Soto" che aveva mantenuto sinora.
Lo sguardo della Medusa in questo caso non uccide... se non di noia!
Recensione a cura di Sergio 'Ermo' Rapetti

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