Danny Danzi, dimenticato membro di band quali Passion e Sentinel, torna tra i vivi con un album da solista a quattro anni di distanza dal precedente "Somewhere Lost In Time". A differenza del debut dove aveva personalmente suonato tutti gli strumenti e cantato, questa volta il chitarrista del South Jersey ha messo insieme una vera band, ma ancora non ha rinunciato a vestire i panni del vocalist.
La copertina in stile Gardaland anticipa le prime due tracks, "Welcome (Intro To Danziland)" e "Danziland", brani autocelebrativi pervasi da una sottile vena ironica, veloci e poggianti su una base di chitarre aggressive con sottofondo di folla adorante e batterista martellante. Segue "Eternity", tuffo nei cliché dell'AOR, melodia cantilenante e cori sostenuti. Intro di tastiere per "Just A Matter Of Time", mid-tempo che può vantare chitarre stridenti e un bell' assolo centrale; anche qui i cori sono studiati in modo da far crescere la tensione. "Let It Go" inizia come una ballad classica, per poi cambiare registro dopo un minuto guadagnando una moderata velocità; le tastiere accompagnano le strofe con piacevoli fraseggi cedendo il passo a un assolo di chitarra anni '80 che sarebbe stato bene in un album degli Europe.
L'intro di "Just A Matter Of Time" ricorda alcuni brani del Christian rocker Ken Tamplin, mentre il resto del brano è piuttosto anonimo e i vocals sono troppo tirati, ai limiti del fastidioso... "Wild And Dangerous" segue la stessa sorte, ruota troppo attorno alle chitarre e trascura tutto il resto che finisce per essere un riempitivo cacofonico. La ballad "Time Passes By" è blanda e poco incisiva, "Destiny" merita di essere ascoltata per i soli chorus mentre "Fool" è del tutto trascurabile.
Intro vagamente alla Survivor per "All Or Nothing" che dà spazio alle tastiere per poi sprofondare in una banalità encomiabile... Chiude in bellezza la bonus europea "What About Us", acustico tributo alla memoria dell'undici settembre, brano piacevole con un bell'assolo di chitarra acustica, risolleva le sorti di quest'album. "Welcome To Danziland" necessita di più ascolti in modo da poterne cogliere le sfumature; quel che è certo è che sia un disco costruito attorno alle chitarre, mentre Danzi in veste di singer in alcuni punti lascia un po' a desiderare, anche se è d'obbligo riconoscergli una buona dose di spontaneità e di onestà.
Probabilmente un altro vocalist e una ossessione per gli anni '80 meno maniacale darebbero al successore di "Welcome" qualche possibilità in più.
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