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Witch Mountain di Portland, Oregon, sono una doom band in circolazione dal 1997, ma che solo recentemente ha potuto mettersi in luce in questo scenario piuttosto inflazionato. Lo scorso anno, infatti, hanno ottenuto un buon successo di critica grazie a “South of Salem”, ed ora ci riprovano con il nuovo, terzo album.
La formazione americana possiede un jolly che emerge immediatamente nell’opener “The ballad of Lanky Rae”, episodio doom rock tinto di feeling dark southern assolutamente da brividi. Si tratta della cantante Uta Plotkin, ragazza giovane e carina che possiede una voce praticamente unica in questo ambito. Le sue tonalità operistiche e drammatiche rendono appassionanti ed illuminano i brani del disco, dei quali Uta ha scritto anche tutti i testi.
Il resto lo fa la chitarra di Rob Wrong, capace di passare da letali riff sabbathiani a svisate bluesy, ed una ritmica potente e tellurica. Sei pezzi da antologia del doom, tra i quali segnalo in particolare gli ultimi due, “Aurelia” e la monumentale “Never know”, dove gli acuti della vocalist raggiungono vette impensabili e dilanianti, tallonati dagli assoli acidi e distorti della lead guitar. Meraviglioso il crescendo tra le parti rarefatte e le esplosioni heavy, a testimonianza che i Witch Mountain vantano un songwriting di grande livello e sono la rivelazione dell’anno in campo doom, nonostante la concorrenza sia stata agguerrita.
Se già non li conoscete, aggiungete il loro nome tra i gruppi più stimolanti della recente ondata neo-doom.
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