Non sono più i tempi in cui gruppi sovietici come Kruiz (quelli del “mitico” refrain “
… heavy, heavy heavy … heaviest in town!”) e Gorky Park (“scoperti” da Frank Zappa e Bon Jovi …) apparivano come focosi e intrepidi (magari un po’
naif, pure) alfieri del
glorioso metallo dietro la “cortina di ferro”, ma è innegabile che anche nell’era della “globalizzazione” un pizzico di curiosità supplementare per gli
Addiction For Destruction sia dovuto alla loro nazionalità.
Nata a Mosca nel 2010 la
sleaze/hard rock band in questione, alla prova dei fatti potrebbe essere tranquillamente scambiata per una delle tante formazioni che ultimamente stanno tentando di riportare in auge il suono più vizioso degli
eighties, e anche se il loro
monicker sembra un palese omaggio alla variante “americana” (
crf. il titolo del capolavoro assoluto dei GnR, per gli inguaribili “distratti” ...) della materia, l’ascolto di “Neon light resurrection” rivela altresì una notevole affezione per la scuola scandinava (sarà l’influsso del chitarrista danese? …), con Backyard Babies, Hardcore Superstar e Chrasdiet da citare tra i principali numi tutelari.
Il disco non è male, nonostante una produzione esile e leggermente sbiadita, riesce comunque a lasciarsi ascoltare con un
certo piacere, a patto che non si ricerchi né una particolare “originalità” (una rarità, tanto da diventare
quasi una “dote non richiesta” … e non solo nel settore specifico …) e né un impatto prepotente delle canzoni, sempre piuttosto prevedibili e rigorose e tuttavia “spesso” abbastanza piacevoli e ricreative.
E’ necessario escludere dall’ultima categoria citata, infatti, i brani con “velleità” acustiche (“Jaded heart” e “(I don't care) you're nothing”), davvero poco riusciti e qualche altra situazione eccessivamente ordinaria, mentre le trame “sguaiate” e le melodie moderatamente adescanti di "My resistance” e “Rock 'n roll to you” e la gasatura
bluesy di “Jane is insane” hanno dei numeri e "On my needle”, l’ombrosa title
-track e la grintosa “Feelin' fine” ostentano un’ispirazione finalmente di classe “superiore”, suggerendo un plausibile orientamento per mosse future.
Per ora concediamo ai nostri debuttanti un’incentivante sufficienza, incoraggiandoli ad implementare la freschezza dei loro
cliché e sottolineando al contempo quanto lavoro ci sia ancora da fare per contrastare efficacemente una concorrenza nutrita e preparata come quella attuale.
Chissà che il carattere e il temperamento tipico delle loro origini etniche (… sempre a proposito di
stereotipi …) tornino utili in questa “sfida” così impegnativa … attendiamo verifiche.
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