A tre anni esatti di distanza dalla doppia fatica discografica di
The Wicked Symphony e
Angel of Babylon,
Tobias Sammet rimette in piedi il progetto
Avantasia con un disco che, come potete già intuire guardando il voto, riporta il simpatico singer/songwriter tedesco ai vertici del metal mondiale. Un album tutto da scoprire, carico di sorprese, prodotto alla grandissima e illustrato magistralmente da
Rodney Matthews. Un disco di cui credo sia necessario analizzare a fondo ogni singola traccia. E dunque…partiamo!
Spectres Inizio che più teatrale ed epico di così non si può. Sono giorni che ascolto i Savatage e questa opener è andata a ricordarmeli molto da vicino, con accelerazioni, cori da brivido ma soprattutto melodie semplici ed efficaci.
The Watchmakers DreamPower non esasperato, veloce ma con parsimonia, con un gran bel solo di tastiera. Fin da subito risulta convincente, anche grazie a
Joe Lynn Turner e alle sue clamorose corde vocali.
Black OrchidBellissimo l’inizio, orientaleggiante e ritmato, un po’ alla
Kashmir. Grandissima strofa, in cui il marchio di fabbrica Sammet (basso in primo piano, fill di chitarra, batteria e voce), che tanto male a mio parere aveva fatto ai precedenti album gemelli, qui viene finalmente rimaneggiato, arrangiato, plasmato in una forma ben definita. Ricca di poesia, melodia, efficace e cullante. E poi il refrain, ancora una volta centrato al 100%.
Where Clock Hands FreezeKiske prende in mano il microfono, la velocità cresce e spunta una di quelle canzoni power davvero valide e da ricordare. Anche qui, però, Sammet non casca nel tranello della semplicità e costruisce una struttura e un arrangiamento particolari, a dimostrazione di quanto ormai le capacità di songwriting del biondino tedesco si siano accresciute. Insomma, finora quattro su quattro: la sensazione inizia ad essere quella di trovarsi di fronte a un lavoro estremamente omogeneo e golosamente coerente. La magia Avantasia è pienamente ritrovata, adesso è ufficiale!
SleepwalkingPrimo rallentamento, di grande pathos, con voci che si rincorrono e si alternano alla grande. Forse non in grado di rimanere per sempre in testa, ma è un altro di quei pezzi che fin dal primo ascolto convincono e riempiono l’animo di emozioni.
Savior In The ClockworkIntro da sottolineare, con la magia dell’orchestra (una vera orchestra) che si fonde poco a poco con gli strumenti, fino a sfociare in un riff massiccio e veloce. Consueto rallentamento sulla strofa, che si apre in un pre-chorus clamoroso e in un ritornello che, ancora una volta, ti fa venire voglia di alzarti in piedi sulla sedia e cantare a petto nudo, brandendo il sacro Spadone del Metallo, mentre il vento freddo del Grande Nord ti punge il volto e la neve ti tempra le membra. Anche qui, tra l’altro,
Turner offre una prova maiuscola, probabilmente a livello vocale è la migliore traccia del disco. Gran pezzo.
Invoke The MachineVeloce, compatta e possente, un power metal molto moderno, sporcato dal classic e nobilitato da una ricerca stilistica estremamente curata. Se per caso foste ancora mezzi nudi in piedi sulla sedia potete rimanerci, ma senza esagerare. Buon pezzo ma non tra le migliori.
What’s Left Of MeEccola l’intro di pianoforte tanto attesa. Eccola la ballad da limonata dura…quella che, ascoltata in solitudine, ti spinge a pensare al passato, ai sogni, alle speranze…ti spinge a riflettere, ad emozionarti sul serio.
Eric Martin regala una prova vocale da applausi a scena aperta, con cori da pelle d’oca e scelte ineccepibili in fase di arrangiamento. Bravo Tobias, anche per la scelta del singer.
Dweller In A DreamSi torna a correre con un altro pezzo immediato e galoppante, che i fan del metallo crucco più ignorante non potranno che amare fin dal primo ascolto. Qui
Kiske è davvero pauroso, soprattutto sul finale.
The Great MisterySe finora il voto già era alto, con la suite finale Sammet si guadagna i miei applausi e la mia standing ovation. Si apre con piano e voce, evocativi, splendidi, a rimarcare lo stile narrativo che da sempre caratterizza i progetti di Tobias. Ben presto, però, tutto si evolve in un rincorrersi di cori che spingono le lacrime vicine al confine invalicabile. Nemmeno il tempo di goderseli che chitarre cattivissime cambiano per qualche decina di secondi tutta l'atmosfera, per poi tornare a tacere a favore di melodia e delicatezza. Così, senza nemmeno essere a metà canzone, già mi sento di eleggere il pezzo del 2013. E ciò che segue non fa altro che confermare la mia sensazione: crescendo di chiara matrice progressive, alternato ad altre fasi tranquille e a minuti di magia strumentale. Amici miei, la lezione Savatage, assimilata e rielaborata con grande classe, già segnalata in apertura, qui esplode in tutta la sua potenza e maestosità. C’è solo da levarsi il cappello e inchinarsi.
Caro il mio Tobias, questo disco merita tutto il bene possibile. E io gli metto un bel 9. Un gradino sotto la
Metal Opera e al livello di
Scarecrow. Perché la ricercatezza che da quest’ultimo in poi si era persa qui torna con una freschezza e una passione così forti da coinvolgerti, dalla prima all'ultima nota, in una tracklist dove lo spazio per i filler non esiste.
Una scelta degli ospiti che forse mai come questa volta è risultata perfettamente omogenea, come se il metodo Avantasia, dopo anni di rodaggio, fosse finalmente giunto alla completa maturazione. Tre anni fa, avendoti di fronte per un’intervista, la "normalità" di album come
Wicked/ecc.. non mi aveva consentito di esprimere altro se non discreti e generici complimenti. Questa volta, invece, mi sento di doverti dire una sola, importante parola: capolavoro.
Dischi come questo, nell’anno 2013, mi fanno capire perché amo ancora con tale forza questo mondo. Se tanto è già stato detto, scritto e suonato, è altrettanto vero che un’elite di menti illuminate ha ancora la capacità di sfornare piccoli tesori. Chi ama te e le tue creature qui dentro troverà tutto ciò di cui ha bisogno, senza doversi accontentare.
Top album assoluto. Bentornati Avantasia.