Terzo album per i siciliani
Dperd, che si inseriscono con classe in quel particolare filone fra dark wave melodica, indie e cold wave, che ha come suoi punti di riferimento Cocteau Twins, Cranes, Mira e This Mortal Coil. Musica intimista, che delinea delicati paesaggi interiori e fisici, in bilico fra strumenti acustici come percussioni, chitarre e violoncello, ed un etereo tocco elettronico dato dalle tastiere. Molto ben arrangiata e composta, si sarebbe meritata il top album se non fosse per quello che, a mio parere, è il punto debole di questo disco, ovvero la parte vocale. Non che Valeria Buono non sembri avere una bella voce (ha un timbro che ricorda Antonella Ruggero), ma la usa in maniera moscia e monotona; per restare sempre in Italia, pensiamo a A Hail of Bitter Almonds di Corde Oblique e ai tutt'altri risultati che raggiungono le prove vocali femminili. Se vogliamo, invece, rifarci ai maestri, Elizabeth Fraser dei Cocteau Twins ha insegnato come in un genere così sognante e delicato l'interpretazione della singer sia fondamentale. Altrimenti o si rischia di addormentarsi -e non è questo il caso- o l'orecchio tende a concentrarsi sulla musica, cercando di rimuovere l'elemento fastidioso... e fastidiosa lo è, già sulla breve distanza. Non condivido nemmeno l'uso dell'italiano, che toglie a Kore quella internazionalità a cui la musica poteva di diritto aspirare. E ora che voto dovrei dare? Sigh... I Dperd hanno un enorme potenziale nella persona di Carlo Disimone, un aggiustata al cantato lo farebbe finalmente brillare.
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