Un paio di anni fa, nel dare titolo al loro undicesimo album, i
D-A-D sono andati a ripescare il loro monicker originale, pur storpiandolo quel minimo che impedisse il ripresentarsi delle beghe legali che a suo tempo li costrinsero a
nascondersi dietro un acronimo.
Dopo il recente passaggio sotto la AFM Records, il quartetto danese rispolvera proprio il succitato album - "Dic Nii Lan Daft Erd Ark" era originariamente uscito nel 2011 per la Mermaid Records - in una Deluxe Edition, che ha come principale novità un secondo dischetto che ci propone una nutrita ed eterogenea selezione di brani dal vivo ed in versione acustica, pur con qualche ripetizione di troppo.
Le dodici canzoni che facevano/fanno parte dello studio album, mi riconsegnano (avevo perso di vista i D-A-D già a metà degli anni '90) una formazione che è immediatamente riconoscibile, anche se sembrano essersi fatti più seriosi e potenti, e quindi meno spensierati, pur sempre in grado di fondere tra loro sonorità diverse, spaziando liberamente tra hard rock, rock'n'roll, punk, blues, country e piano bar.
L'arrembante opener "A New Age Moving in" ha un bel tiro rock che si fa più catchy nella successiva "I Want What She’s Got" e quasi pop in occasione di "Fast On Wheels". A graffiare ci pensa invece la ruvida "Last Time in Neverland", uno dei pezzi più convincenti del disco, e non mancano nemmeno i due momenti melodici, ma non particolarmente leziosi, di "We All Fall Down" e "Your Lips Are Sealed", ed i rimandi al blues con "Can't Explain What It".
Poco da aggiungere sui contenuti del secondo CD, con le prime cinque canzoni che confermano l'ottima predisposizione dei quattro danesi per i momenti acustici, peccato che si limitino al solo "Dic Nii Lan Daft Erd Ark" senza andare a scavare nel loro passato. Lo fanno invece per i pezzi dal vivo: riecco uno dei loro primi hit: "Jihad" ed addirittura "God’s Favorite", tratta dal loro secondo album, "D.A.D. Draws a Circle", del 1987.
Jesper Binzer e soci restano sempre una band di spessore,
scafata e con una propria marcata personalità, certo meno ingenui e
caciaroni rispetto a quelli che anche il sottoscritto, pur preda delle suggestioni Thrash Metal, aveva conosciuto ai tempi di "No Fuel Left for the Pilgrims" e "Riskin' It All", due dischi che, infatti, si ritagliarono senza alcuna remora un loro spazio all'interno della mia collezione.
At the end of a smile... there's a laugh 'n a half!!
I am
I hear
I see
I feel
I review
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