Diciamo la verità: se non ci fosse la voce di Lee Small (noto per la militanza in Shy e Phenomena, nonché autore di un paio di
solo-albums di buon livello …) a fungere da primaria interfaccia emozionale di questi
Snowfall, il loro “Cold silence” si potrebbe tranquillamente annoverare tra i dischi completamente superflui, tanto più in momenti di crisi (economica) e inflazione (d’uscite) come i nostri.
Però “lei” c’è, e quindi il
full-length, seppur ben lontano dal diventare un acquisto imprescindibile, si manifesta perlomeno con le sembianze di un decoroso esempio di
hard-rock bluesy e melodico, ottimamente interpretato da un
vocalist dalla timbrica pastosa e
soulful, da consigliare, per capirci, a tutti gli estimatori di un campione della fonazione modulata come Glenn Hughes.
Impossibile non rintracciare scorie di Deep Purple, Trapeze, BCC e dello Hughes solista, immerse talvolta in un contesto “pomposo”, nei solchi di un lavoro che tuttavia si perde in un
songwriting eccessivamente prevedibile e poco ispirato e in cui il resto degli esecutori (con l’ex Winter Parade “PB” Riise e Perra Johansson dei Coldspell …) svolge diligentemente il compito assegnatogli senza particolare slancio.
Ne scaturiscono cinquanta minuti abbondanti di musica abbastanza gradevole ma inoffensiva, per la quale solo raramente si può manifestare una forma d’ammirazione che vada oltre il circoscritto concetto di “pregevole prestazione canora”.
E’ il caso di “Don’t drive me home tonight” (dal
refrain vagamente Asia-
tico), di “Citadel of hope”, della vibrante “House of prayer” e della ballata “Heaven’s not up there”, a cui aggiungere, magari con un pizzico di “benevolenza” supplementare, pure la magniloquente “Wolf’s lair” (in cui fa capolino un altro presumibile modello di Small … il divino Waite …) e l’ardore di “Stampede” e “Oscillate”, tutta “roba” che in ogni caso non rivela “sconvolgenti” doti d’incisività espressiva.
Gli Snowfall dovranno, pertanto, qualora non si limitino ad essere uno dei tanti
meteor-project del
business discografico, fare molto di più per riuscire a competere in maniera credibile nella “scena” attuale, così ricca di emergenti di valore e i cui i “vecchi leoni” non hanno nessuna intenzione di “abdicare” … per ora rimangono un soggetto artistico destinato ai maniaci del “bel canto”
hard-blues e agli irriducibili completisti (ammesso che ne esistano ancora …) del genere.
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