Ci sono dei gruppi per i quali l'attesa dell'uscita di un nuovo disco può diventare spasmodica, un po' per la bellezza di quelli usciti fino a quel momento, un po' per la curiosità di scoprire quali novità la band apporterà al proprio sound.
Per "
Circle" degli
Amorphis è stato senza dubbio così, attesa spasmodica e ascolto reiterato di un disco tanto semplice quanto complesso allo stesso tempo, ascolto reso ancor più complesso da un precedente, "The Beginning of Times", che tutt'ora gira con costanza nel mio lettore mp3, a distanza ormai di due anni. Si perché quel disco rappresenta per il sottoscritto il vero picco, assieme all'esordio "Eclipse", della seconda parte di carriera dei finnici, quella tanto per intenderci che va dall'arrivo di
Tomi Joutsen dietro al microfono fino ad oggi. Pareggiare in qualità quell'album è davvero difficile, data la qualità delle composizioni e la prova maiuscola del sopracitato Tomi, ed è per questo che le aspettative per "Circle" erano davvero molto alte da parte del sottoscritto.
Il disco poi si dimostra già in partenza ricco di novità importanti: è il primo da 10 anni a non venir prodotto dal buon Marco Hietala ed è il primo disco a non essere basato sul poema epico Kalevala, perlomeno tra quelli scritti dal paroliere Pekka Kainulainen.
Anche nella musica però le cose sono diverse rispetto al più recente passato: l'approccio alle varie canzoni è senza dubbio più leggero, musicalmente parlando, prestando il fianco al lato più melodico della band, in particolare dal punto di vista vocale. Tomi non sfrutta tantissimo il suo ottimo growl ma nell'80% del disco affronta le sue parti vocali in clean, scelta che dona alle composizioni una sensazione di tranquillità maggiore. "
The Wanderer", splendido pezzo scelto tra l'altro come secondo singolo, ne è l'esempio più lampante.
Certo non mancano gli episodi più oscuri, nei quali musica e voce si caricano di "negatività" e durezza, vedi l'opener
"Shades of Gray", il primo singolo "
Hopeless Days" e soprattutto la centrale "
Nightbird's Song", ma come per la voce, così anche musicalmente c'è un ammorbidimento globale dei suoni, cosa che può far storcere un po' il naso ai fan più radicati degli Amorphis ma che a mio modo di vedere rende alla grandissima, proprio per l'abilità dei finnici di permeare di emozioni la propria musica.
Il senso di oppressione del protagonista della vicenda infatti traspare mano a mano che le canzoni scorrono, dando davvero la sensazione di arrivare ad un finale di redenzione e di rinascita (non è casuale che l'ultima traccia sia proprio la placida "
New Day"), dopo momenti di depressione (la già citata "
Hopeless Days") e di caduta libera verso un vuoto interiore ("
Into the Abyss").
Ammetto che inizialmente non ho considerato in maniera preponderante questo punto di vista nell'ascolto del disco, che infatti mi era scivolato via in maniera non troppo entusiastica. E' bastata un minimo di attenzione suppletiva però per rendermi conto della vera potenzialità di "Circle", un disco sicuramente meno immediato dei precedenti ma in grado senza dubbio di trasmettere quelle emozioni che gli Amorphis si prefiggevano di trasmettere. E la musica è anche questo.
I finlandesi proseguono quindi nel loro percorso di crescita e di riscoperta, mantenendosi su livelli qualitativi altissimi e riuscendo sempre ad emozionare e stupire. "The Beginning of Times" rimane un punto troppo alto da raggiungere, ma "
Circle" ne è sicuramente il degno e orgoglioso erede. Godiamocelo, godetevelo, in attesa di scoprire cosa ci aspetta nel futuro degli
Amorphis. Io la butto li: l'ennesimo gran disco.
Quoth the Raven, Nevermore..