Che cosa accade se metti insieme due membri dei Demon con uno dei Persian Risk? Anche se in realtà non si tratta esattamente di componenti “storici” delle due
cult-band, direi che è difficile immaginare qualcosa di diverso da un buon disco di
hard-rock metallizzato classico e appassionato.
“Rock savage”, il debutto dei
Lawless mantiene esattamente quello che la presenza di Neil Ogden, Paul Hume e Howie G, supportati dal meno noto Josh Williams (proveniente dagli HeadrusH), promette, e cioè un ricco concentrato di melodie catalizzanti,
riff taglienti,
solos essenziali e ritmiche pulsanti, il tutto condito da vividi scampoli d’imprescindibile
NWOBHM, come da migliore tradizione
ottantiana.
Se amate le nobili referenze dei succitati protagonisti della
band, e assieme a loro apprezzate pure gente come Saxon, Scorpions, Samson, Shy, Stryper, Dio e Grim Reaper (gli ultimi, specialmente), non potrete che gradire anche il programma di questo disco, formato da vere “canzoni”, interamente di livello piuttosto elevato, pur nel rigore formale della loro rigida appartenenza stilistica.
Anche in un contesto complessivo così equilibrato e piacevole, le mie preferenze vanno sicuramente alla scoppiettante
opener “Heavy metal heaven” (“
we live in a heavy metal heaven …” c’è qualcosa di più
kitsch e al contempo appassionante di un
refrain come questo?), al sontuoso clima melodrammatico di “SOS”, alla seduttiva “Rock n roll city” e ancora alla ruffianeria
bluesy di “Step in” (altro ritornello da “incorniciare”, nella sua frivolezza …) e alla celebrazione Rainbow-
esque di “Scream”, terminando le necessarie menzioni d’onore con la favolosa “Where heroes fall”, un gioiellino dal vibrante e suggestivo afflato epico, non lontanissimo da certe cose degli stessi Demon, per la cronaca una delle formazioni più sottovalutate della storia della musica.
Sottolineando la prestazione di Paul Hume alla gestione microfonica (un’autentica sorpresa … non conoscevo le sue notevoli doti canore …), non mi resta che consigliare questi simpatici “
Senza Legge” a chi vuole divertirsi (perché di questo si tratta, in realtà, e “Metal time” ne è un’altra lampante dimostrazione …) con un’oretta di questa “vecchia roba”, senza enormi pretese
artistiche, magari, e tuttavia sempre assolutamente coinvolgente e avvincente.
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