Supergruppi, progetti paralleli, assemblaggi assortiti di musicisti e compositori “eccellenti” … quante volte ci siamo trovati di fronte al misto di fascinazione e scetticismo che stimola evenienze del genere?
Moltissime, specialmente nei tempi recenti, in cui la “tecnologia” le ha rese più agevoli e meno dispendiose.
Il dubbio che le pulsioni “commerciali” (ammesso che oggi si possa ancora parlare di strategie di
business in certi contesti …) siano superiori a quelle creative o che quantomeno non sia esattamente la “spontaneità” a rappresentare il connotato principale della situazione avvolge ineluttabilmente anche questi
Find Me, nuova parata di stelle e stelline dell’
AOR contemporaneo, organizzata dalla Frontiers attorno agli autorevoli nomi di Daniel Flores (Issa, The Murder of My Sweet, Seventh Wonder, …) e Robbie LaBlanc (Blanc Faces).
Assieme a loro, in questo “Wings of love” troverete anche i nobili servigi di Sören Kronqvist (Crash the System, Sunstorm), Erik Mårtensson (Eclipse, W.E.T., Jimi Jamison), Alessandro Del Vecchio, Tom e James Martin (Vega, Sunstorm) e Daniel Palmqvist (Xorigin), a comporre un
team esecutivo e compositivo (completato da taluni “gregari” di lusso …) di assoluto valore e di notevole richiamo tra i tanti estimatori del settore.
Con presupposti di siffatta natura e come spesso accade in questi casi, il lavoro è
fatalmente eccellente, la voce di Robbie è un autentico balsamo, al tempo stesso corroborante e lenitivo, per lo spirito “adulto” degli ascoltatori appassionati e le canzoni sono tutte piuttosto avvincenti, istigate dai “classici” ma anche sufficientemente fresche e spumeggianti da non apparire mai eccessivamente nostalgiche e retoriche.
E allora? Tutto perfetto?
Beh,
quasi, nel senso che la sensazione che al quadro complessivo manchi un pizzico di
grip emotivo, viceversa sgargiante in tante delle produzioni discografiche aventi come protagonisti alcuni degli artisti qui convenuti, è abbastanza palpabile, così come lo sporadico affioramento di un alito di “ripetitività” e di verbosità, in pratica sconosciuto nelle suddette occasioni.
Difficilissimo affermare se tale impressione sia imputabile alla modalità
consortile dell’opera, se si tratta di qualcos’altro (un piccolo deperimento ispirativo complessivo, per esempio …) o se invece siamo al cospetto di una semplice
suggestione, facilmente alienata, tra l’altro, da pezzi come “Road to nowhere”, “Dancing to a broken heartbeat”, “Firefight”, “On the outside”, “One soul” (Asia-
docet … gran bel pezzo …), “Unbreakable”, “Wings of love” e “Your lips”, in grado d’impossessarsi senza troppo “ritegno” dell’apparato
cardio-uditivo dell’astante.
In definitiva, i Find Me non deludono oltremodo le (alte) aspettative e tuttavia, probabilmente, non serviranno a smentire risolutamente chi considera la diffusa pratica delle “collaborazioni” una dispersione di talento e di “concentrazione” … magari contribuirà a farlo il prossimo albo del “gruppo”, nella speranza che la circostanza si realizzi e che non si tratti dell’ennesima meteora nel fitto firmamento musicale del terzo millennio.
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