So che non si dovrebbe parlare in prima persona singolare, che non bisognerebbe lasciarsi trasportare troppo dalle emozioni e che, sebbene ogni recensione altro non sia che la personalissima espressione di una soggettiva opinione, bisognerebbe comunque cercare di contenersi un minimo e non lasciare che le preferenze e i gusti prendano troppa enfasi nel processo. Non tanto perché la soggettività sia un male da rifuggire e la tanto decantata, invocata e fantomatica “oggettività” sia la panacea dell’editoria, ma semplicemente perché, per come la vedo io (e con questa siamo al meta-humour), un eccessivo trasporto emotivo può inficiare negativamente sull’espressività di una comunicazione.
Ciò detto, è necessario che io venga allo scoperto e mi dichiari come un fan sfegatato dei Cult Of Luna. Adoro il loro ultimo disco, Vertikal, ho consumato praticamente qualsiasi loro uscita precedente e sono rimasto un’ora e mezza in estasi quando li ho potuti vedere dal vivo quest’anno. Li reputo dei musicisti brillanti, pieni di gusto e di inventiva, capaci di coniugare semplicità ed efficacia espressiva con trovate di pura e cristallina bellezza melodico-armonica. Insomma, un gruppo seminale nella scena contemporanea e una grande certezza per tutti gli amanti di quella frangia più atmosferica, ricercata, introversa ed emotiva del metal moderno.
Detto questo, c’è un limite a tutto, c’è una sottile linea rossa che non dovrebbe mai essere calpestata; il buon senso dovrebbe dettare sempre qualche regolina e separare ciò che, ad esempio, è musica, da ciò che le assomiglia ma in fondo altro non è che banale suono, ciò che è genialità ed eclettismo sperimentale, da ciò che sono degli scarti di canzone diluiti e glorificati.
Qui il limite è stato bellamente ignorato, proponendo ai fan, con il nome di Vertikal II, la “continuazione del concept” che aveva animato Vertikal (quello bello, il full length) e presentando ai suddetti, ovviamente in mille edizioni limitate se no non fa bello, tre canzoni “facenti parte delle sessioni di registrazioni di Vertikal” e un remix di Vicarious Redemption ad opera del grande Justin Broadrick.
Oppure, tradotto esplicitamente, i Cult Of Luna, non si sa bene per quale ragione, han fatto uscire un EP contenente tre pseudo-canzoni che richiamano (a volte in maniera pedissequa) le atmosfere di Vertikal, costituite da poco più di un nulla sonoro e che non aggiungono davvero alcunché di buono, valido, interessante o necessario al discorso portato avanti dal long playing. Escludendo il lungo remix di Broadrick che può piacere o meno ma che resta poco più di una chicca per collezionisti e aficionados che lascia il tempo che trova, le altre tre tracce sono semplicemente una sequenza di suoni rarefatti, qualche linea vocale e poco più, si fatica davvero a concepirle come composizioni autonome e sensate e si capisce perché, se è effettivamente materiale risalente alle sessions di Vertikal, non siano state incluse nell’album: perché rispetto a qualsiasi altra canzone del disco avrebbero fatto schifo.
Quel che dà più fastidio in assoluto è proprio la scelta di aver fatto uscire questa nullità sonora col nome di Vertikal II: del tutto fuorviante. Su Vertikal c’era tutto quello che si può chiedere ai Cult Of Luna e in gran spolvero, qui non c’è neanche l’intenzione di presentare bene e in maniera coerente quel che sono degli scarti di registrazione.
Fatevi un favore, riascoltatevi Vertikal e godetevelo, fate finta che non sia successo niente nel frattempo.
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