Album d’esordio per questa band islandese che ha atteso ben otto anni dalla sua fondazione prima di affrontare il grande salto. Gli anni passati nell’underground più puro hanno permesso alla band di pensare e cesellare per bene il proprio sound portandolo dai primi primordiali passi a base di black metal verso un qualcosa di molto più rifinito e “moderno”. Diciamo subito che la migliore qualità dei
Carpe Noctem è sicuramente quella di sapersi risollevare giusto un attimo prima che il sound diventi noioso e che induca l’ascoltatore a distogliere l’attenzione da quanto proposto. A tal proposito basterebbe ascoltare
“ II – Ars Moriendi” dove delle chitarre strazianti marchiano indelebilmente il mood disperato del pezzo dando vita a quel “apocalyptic balck metal” di cui parla la biografia del gruppo. Pur non essendo un album particolarmente tecnico o cerebrale,
“In Terra Profugus” non è certo la colonna sonora che può rallegrare una serata o semplicemente “farci compagnia” mentre siamo impegnati in altre attività, al contrario è un condensato di puro egoismo sonoro che richiede attenzione e considerazione e che darà certamente il meglio di se nei tediosi pomeriggi autunnali che verranno, dove i lunghi passaggi doom (o apocalittici per non andare fuori tema…) ci accompagneranno verso le burrascose sfuriate black, che per quanto allarmanti, riusciranno a “salvarci” riprendendoci delicatamente per il collo e tirandoci fuori dagli abissi emozionali nei quali inevitabilmente sprofonderemo se lasciati alla mercè del lento incedere del tappeto musicale di base. Ultimamente abbiamo potuto ascoltare diverse bands dedite a queste sonorità estreme, a volte un po’ forzatamente accostate, ma i Carpe Noctem, pur non inventando assolutamente niente, riescono ad essere convincenti, coinvolgenti e maledettamente seri nella loro proposta. A me hanno ricordato parecchio gli
Aosoth, ma a differenza della band francese i nostri islandesi sembrano essere meno “forzati” e più fluidi nella loro proposta musicale, sarà anche grazie ad un uso molto intelligente delle vocals che avvalendosi di una semplice effettistica arricchiscono perfettamente il tessuto sonoro e al tempo stesso creano un trade union tra le parti doom e black finendo per fonderle tra di esse. Oltre alla già citata
“II – Ars Moriendi” , i veri gioielli neri dell’album sono i due brani più lunghi
“II – Metamorphoses Maleficarum” e
“III – Hostis Humani Generis” , a completamento di questo percorso di discesa nella terra e la conseguente trasformazione e resurrezione…Sotto un cielo plumbeo, un sinistro ghigno si staglia all’orizzonte, funesto presagio di un nero avvenire…
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