Raccontare l'intera vicenda che sta dietro questo album richiederebbe sicuramente troppo spazio, ma basti qui ricordare che le 12 tracce che compongono il disco in questione vennero registrate nel 1990 per essere pubblicate, passando attraverso problemi di ogni tipo, solo ora, ben (ormai) 13 anni più tardi.
Vittima di un fato avverso e di interminabili incidenti di percorso ed eccessi è Adam Bomb, chitarrista/cantante statunitense, che con questo New York Times, così intitolato in ricordo dei 4 mesi passati in studio tra droga e alcool per registrare le presenti tracce, riesce finalmente a porre fine ad un'esperienza sicuramente poco piacevole che ha segnato la sua vita.
L'importante è che ora chiunque può gustarsi un validissimo album di glam/rock, secondo la miglior tradizione del genere; e lo spingersi indietro con la memoria fino agli inizi della decade scorsa, quando la scena americana spopolava grazie ai nomi di Mötley Crüe, Poison o Ratt e il glam era un vero stile di vita, è una cosa ovvia e naturale.
Questo perché i tutti brani risalgono a quel periodo ma anche perché Adam ha saputo già ai tempi raccogliere gli aspetti più melodici e sensuali dell'intero movimento per mettere insieme un disco assolutamente valido, da gustare e apprezzare fino all'ultima nota.
Se a ciò si aggiungono poi le partecipazioni durante le recording session di personaggi del calibro di Steve Stevens, Mick Taylor o Nick Hopkins, la produzione di Jack Douglas (Alice Cooper, Aerosmith, Cheap Trick e John Lennon) e la straordinaria voce dello stesso Bomb (molto vicina alla timbrica di Bret Michaels), basterà un ascolto per rendersi conto di avere tra le mani una gemma di glam/rock di primissima qualità.
Per la maggior parte si tratta di composizioni dall'ampio respiro, spesso impreziosite da chitarre acustiche o sezioni di fiati, dalle melodie curate e tipicamente americane, tutto questo senza mai arrivare ad annoiare o stancare l'ascoltatore, grazie alla classe innata con la quale le songs sono state composte e suonate.
L'iniziale "Layin' With Dogs" o le successive "New York Child" e "Kick It Out" basterebbero da sé a descrivere il sound e l'intenzione dell'intero album, insieme del rock più patinato, secondo il gusto glam del tempo, ma anche di quello più aggressivo e spontaneo figlio diretto dei Rolling Stones, dei quali è anche proposta una versione di "It's Only Rock'n'Roll".
Un disco che in definitiva si rivela essere qualcosa in più di un semplice e nostalgico tuffo nel passato e che dimostra il proprio reale valore anche a distanza di anni.