Sebbene sia stato rilasciato a novembre dello scorso anno, riesco a parlarvi del nuovo album del progetto
Germ solo adesso perché solo qualche giorno fa il promo è arrivato in redazione.
Misteri dell'industria discografica a parte,
"Grief" conferma l'originalità dell'australiano
Tim Yatras, polistrumentista e membro unico del gruppo, in grado di fondere, anche in questa occasione, ambiti musicali molto distanti.
Black Metal, aperture elettroniche, Depressive rock anni 80, Shoegaze, sono tutti elementi che convivono nell'album dando vita ad una miscela affascinante e di sicura personalità.
Voglio chiarire una cosa.
Se non fosse per lo scream disperato di Tim, sarebbe difficile considerare
"Grief" un album propriamente metal.
Le sue melodie, le sue divagazioni "spaziali" lo rendono, infatti, un lavoro molto distante dai tradizionali (e sicuri) confini della musica dura. Soprattutto i puristi, credo, storceranno il naso al cospetto di un album coraggioso che non ha paura di essere
ruffiano pur rimanendo, grandissimo pregio, mai banale.
In verità, considerazioni del genere ci interessano poco.
Quello che conta è che
"Grief" ci regala più di un'ora di grandissima musica.
Musica in cui melanconia, disperazione, melodie dolci e soavi, violenza si fondono in modo fluido e perfettamente in linea con l'obiettivo di un disco davvero "sentito".
A partire dalla magnifica cover, opera della fotografa
Julia Margaret, fino ad arrivare alla produzione perfettamente bilanciata in tutte le sue componenti e passando per le pregevoli vocals dell'ospite
Audrey Sylvain degli
Amesoeurs, Tim Yatras ribadisce il suo status di artista ispirato e sensibile, moderno cantore di una civiltà allo sbando all'interno della quale, tuttavia, la bellezza continua ad esistere ed a nutrirsi di tutti gli elementi che la rendono tale.
Spero che il pubblico metal, solitamente molto chiuso, non si lasci sfuggire un lavoro di questo valore.
Sarebbe un vero peccato.