Quando uno dei tuoi gruppi preferiti (Killswitch Engage) perde uno dei suoi membri e quando questo membro è uno dei tuoi cantanti preferiti (
Howard Jones), il vuoto che si crea all'interno del tuo cuore è qualcosa di tangibile. Rivedi la band live, il nuovo/vecchio vocalist è grandioso ma..non è Howard Jones. E ne senti la mancanza.
E il buon Howard Jones allora cosa ti fa? Accantona per un attimo i Blood Has Been Shed, band che non ho mai sopportato granché, per unirsi a un nuovo progetto potenzialmente devastante, che vede tra gli altri il bravissimo
Francesco Artusato (All Shall Perish, per chi se lo stesse chiedendo) alla chitarra e che prende il nome di
Devil You Know.
Hype al massimo per il sottoscritto, attesa che a tratti si fa pressante.
Sarà per tutta questa fibrillazione, sarà che è pur sempre un disco di debutto, sarà che le mie aspettative erano davvero altissime, sarà quel che sarà. Fatto sta che arriva finalmente il momento di ascoltare "
The Beauty of Destruction": il disco scorre in tutta la sua durata, le canzoni si susseguono imperterrite, poi finisce e..diamine, dov'è la smania di riascoltarlo? In quale dei 10 brani che lo compongono si è smarrita?
La cerco nel singolo "
Seven Years Alone", magari si è inceppata nei suoi meccanismi da hit..ma non c'è, perchè il brano risulta intrigante al punto giusto, l'equilibrio perfetto tra il metalcore dei Killswitch Engage e un deathcore più spinto, con un ritornello adeguatamente catchy e funzionale. Che sia finita nella tranquilla "
It's Over" allora? Macché, anche qui la voce di Jones riesce a rifinire con la sua camaleonticità un brano che richiama quasi i Sevendust, in un'unione ipotetica tra il nu- e il -core, in un tripudio di trattini.
La devastante "
Crawl From the Dark", che contiene peraltro uno dei pochi assoli killer del disco? Niente. "
I Am the Nothing?" Nada. Mi viene da pensare che si sia persa in principio allora, ma di fronte alla bontà di un'opener granitica quale "
A New Beginning" devo alzare le mani, non è neanche li.
Allora l'unica che rimane è "
As Bright as the Darkness", canzone nella quale i nostri mi hanno ricordato addirittura i Paradise Lost, con la voce di Howard che assume un'ulteriore sfumatura inaspettata. Ma no, non è nemmeno li.
A quel punto mi viene un dubbio: che questa smania di riascoltare "
The Beauty of Destruction" si sia sbriciolata, finissima, lungo tutto il disco? Ebbene credo che l'idea sia proprio quella..brani sufficienti, più che sufficienti, a volte buonissimi, ma che alla lunga non lasciano nulla, facendosi troppo presto dimenticare. Pochi assoli (peraltro di altissima qualità), pochi picchi, poca attenzione alla varietà del songwriting..poco, per un gruppo che avrebbe invece dovuto dare tanto, tantissimo, di più.
E invece i
Devil You Know si limitano a portare a casa la pagnotta, come si dice in gergo, a svolgere il compitino e niente più, realizzando un disco piacevole e sicuramente sufficiente, ma che non verrà senza dubbio ricordato negli anni, com'era invece più che lecito aspettarsi da un supergruppo del genere. Un'occasione persa, sperando che col secondo disco sappiano riscattarsi, come e quanto le loro qualità gli permettono senza dubbio.
Quoth the Raven, Nevermore..
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