Gli
Arkona sono oramai uno dei gruppi più affermati della scena pagan mondiale. Sono riusciti a far successo mantenendo la propria lingua madre ed a non cedere alla tentazione, che spesso fuorvia diversi loro conterranei, di convertirsi all'idioma inglese pur di riuscire ad uscire dai confini nazionali (o limitrofi). In effetti il russo, nonostante possa essere un freno al primo ascolto, è il fulcro principale dell'opera della band, che si ispira principalmente ai miti ed alle leggende inerenti al pantheon slavo, alle antiche cronache, al folklore di quelle antiche terre.
Sono passati ben tre anni dal notevole
Slovo e i guerrieri russi tornano all'attenzione del pubblico con questo nuovo
Yav. Gli elementi che contraddistinguono lo stile del gruppo restano invariati: l'incredibile presenza di
Masha "Scream", riff aggressivi, sezione ritmica scalpitante, strumenti musicali folkloristici (come la sopilka) e la stessa musica folk, creata o rielaborata. Proprio quest'ultimo punto mi ha un po' stupito di
Yav, la diminuzione quasi drastica degli elementi folk, a favore di un orientamento più verso l'extreme metal. Questa scelta può far felici alcuni, mentre può scontentare altri, è puramente una questione di gusti.
Gli
Arkona hanno questa volta scelto di denominare l'album
Yav (cirillico.
Явь, traslitterazione scientifica
Jav'), decisione molto interessante, dati i molteplici significati della parola.
Jav' in russo moderno identifica la realtà, ciò che esiste realmente, non in un sogno o in un'allucinazione.
Jav' è altresì filologicamente uno dei tre mondi descritti nella
Velesova kniga (o
Libro di Veles, testo che tratta l'antica storia e religione slava, da molti creduto un falso del Novecento). Non voglio dilungarmi in queste questioni, ma un accenno è pressoché necessario, in quanto gli
Arkona sanno sempre a cosa si riferiscono in ogni loro pezzo.
Tornando all'album, questo è composto da nove tracce, quasi tutte della durata maggiore di sei minuti, arrivando sino alla title-track di quasi quattordici. L'atmosfera, durante tutto lo scorrere del disco, è cupa e il legame con l'elemento musicale
black è forte. L'opener
Зарождение (
Zaroždenie, it.
origine, genesi) inizia con un canto sciamanico, contiene diversi strumenti (anche moderni), forza bruta e l'insostituibile cantato di Masha (a tratti la melodia di tastiera sembra richiamare i gloriosi
The Doors). Una strutturata invocazione pagana di pregevole fattura. Con
На страже новых лет (
Na straže novych let, it.
Alla guardia dei nuovi anni) comprende momenti più black ed altri chiaramente folk, aderente alla tradizione degli
Arkona.
Сербия (
Serbija, it.
Serbia) è una composizione molto epica, un inno alla terra serba, descritta nel testo come madre e sorella slava.
Зов пустых деревень (
Zov pustych dereven', it.
Richiamo dei deserti villaggi) è un altro pezzo esplosivo, misto fra l'estremo e il folkloristico, la voce di Masha primeggia e interpreta sempre alla perfezione.
Город снов (
Gorod snov, it.
La città del sogno) è introdotta da un motivo folk, per poi cedere il passo ad un tono più malinconico e misterioso.
Ведьма (
Ved'ma, it.
Strega) è una traccia molto interessante, c'è un'alternarsi di lingue (svedese e russo) e di voci ruvide ed aggressive (maschile, il guest
Thomas Väänänen, e femminile) che dibattono come ci trovassimo di fronte ad un processo alla strega, anche se è qualcosa di molto più profondo osservando le parole. Ovviamente il ruolo principale è svolto dai vocalist, ma anche l'incedere musicale non è da tracurare.
Чадо индиго (
Čado indigo, it.
Figliolo indigo), incentrato sulla tematica dei bambini indaco, dopo un inizio segnato da una melodia di piano, si scatena, intervallando comunque dei momenti folkeggianti.
Jav', con un testo realmente oscuro e filosofico, è un brano lungo, dalle diverse sfaccettature. Un principio triste e lacrimoso, una parte centrale evocativa e più rockeggiante, con un divenire sempre più aggressivo fino al finale sfumato.
В обьятьях крамолы (
V ob'jat'jach kramoly, it.
Tra le braccia della sedizione) è una canzone più cadenzata, segnata sempre da quell'atmosfera cupa e triste che aleggia sull'intero album.
Con
Yav gli
Arkona, pur tenendo fede alle loro caratteristiche, hanno tentato un altro passo nell'evoluzione del loro sound. Forse alcuni dei vecchi fans non apprezzeranno questa nuova direzione presa dalla band, altri magari accoglieranno di buon grado la sperimentazione e la consapevolezza del gruppo incentrata sul fatto che non è mai bene adagiarsi sugli allori e restare fossilizzati in un determinato genere. Il giudizio lo darà solo il tempo.