Sebbene
Neige non sia più il vocalist, ruolo adesso ricoperto dal leader
Herbst, i destini di
Alcest e
Lantlos sembrano essere ancora uniti.
Entrambi partiti da un post black metal dalle derive shoegaze hanno entrambi, con il loro ultimo disco, abbandonato definitivamente il metal per aprirsi alle più disparate influenze del rock tout-court, con la chitarra sempre in evidenza, ma giocando con i suoni e le atmosfere, sognanti, liquide, fluttuanti.
Epperò mentre
Neige può vantare un afflato interiore, un modo fiabesco e visionario, al quale attingere per ricreare emozioni, facendosi quindi da tramite tra quel mondo e l’ascoltatore,
Herbst sembra cercare la propria ispirazione all’esterno, tributando le proprie influenze in modo da riproporle in un mix sicuramente interessante. La qual cosa gli aveva già fatto buon pro con il recente progetto
LowCityRain.
Chiariamo subito che come vocalist
Herbst non è affatto male, la sua voce ben si adatta alle atmosfere sognanti e rarefatte dell’album, avendo un timbro che oserei definire ‘ottantiano’. Tuttavia ciò che non convince delle sei tracce di questo “
Melting Sun” sono proprio le chitarre.
Herbst ne fa il centro del proprio songwriting, ma le idee latitano e sovente la noia affiora nelle pieghe di minutaggi troppo lunghi.
L’iniziale “
Azure Chimes” sembra ,musica lounge fatta con le chitarre le quali, però, ridondano senza mai esprimere il loro pieno potenziale. Quando sembra che stiano per ‘aprirsi’
Herbst inserisce il momento introspettivo che, lungi dall’essere brutto, è quantomeno inappropriato. Alla fine il tutto si risolve in una lunga tirata chitarristica che non lascia il segno.
La successiva “
Cherry Quartz” è la più lunga del lotto, quasi 10 minuti, ed è introdotta da una nuance ambient e da rarefatte note di chitarra che poi esplodono nel riffing portante, prima di tornare nel limbo onirico. E siamo arrivati a metà canzone con un non pervenuto. Il problema è che la seconda metà della canzone è uguale alla prima.
“
Acquamarine Towers” mostra gli stessi difetti sopracitati anche se recupera un po’ di quella aura notturna che era il punto vincente di “
.neon”, vero capolavoro della band.
“
Jade Fields” è il primo pezzo veramente convincente del disco, perché mostra un pathos altrove solo accennato. E la voce di
Herbst che entra a gamba tesa è un valore aggiunto, creando un piacevole contrasto con il sottofondo finalmente ‘disperato’, lancinante, che richiama i passati fasti. Bellissima.
“
Oneironaut” è un breve e insignificante intermezzo ambient che introduce il vero capolavoro del disco, quella “
Golden Mind” notturna, onirica, sognante, liquida, con un atmosfera di classe, tanto rarefatta quanto emozionante. La voce di
Herbst sussurra, dipinge scenari psichedelici, e conduce l’ascoltatore alla deriva, all’oblio, al dolce naufragare nel mare della nostalgia. Verrebbe da dire che da sola vale il prezzo del disco, ma direi una bugia.
“
Melting Sun” è un disco riuscito solo a metà (ad esser buoni), con poche idee e per giunta riciclate. Difetto di ispirazione? Può essere, ma a conti fatti solo due canzoni su sei lasciano qualcosa dopo l’ascolto. Le altre sono assolutamente trascurabili.
Pare chiaro che
Herbst abbia sempre puntato sulla trasmissione delle emozioni, che stavolta sono ridotte ai minimi termini.