Partiamo dal voto: 6,5.
Un voto che più che altro devo dare per coerenza, avendo affibbiato un sette al lavoro precedente.
Apocalyptic Love all’inizio non mi aveva convinto al 100%, ma era poi cresciuto con gli ascolti fino a diventare uno dei miei album preferiti per qualche mese. Questo nuovo
World On Fire sembra partire esattamente con gli stessi presupposti, ma sconta un difetto enorme: ci sono troppe canzoni. Diciassette pezzi sono tantissimi ed è inevitabile che, se non si tratta di un capolavoro epocale, dentro ci finisca qualche filler. Ecco, secondo me qui siamo esattamente a metà: una parte del disco è ottima, l’altra è buona ma non brilla certo di luce propria e rimane un po’ deboluccia.
In generale, ci troviamo di fronte a un album di onestissimo rock and roll, verace e spensierato, molto streetaiolo, in cui come di consueto la voce di Kennedy è libera di spaziare in lungo e in largo come vuole mentre Slash disegna trame chitarristiche sempre e comunque degne di essere ascoltate. Pregevole anche il lavoro della sezione ritmica, mai fuori posto, in quella che ormai possiamo a tutti gli effetti (con buona pace degli Alter Bridge, che pare inizino a gradire poco i lunghi stop imposti dai tour di Kennedy con l’ex Guns) definire una vera e propria band più che un side project.
Come vi dicevo in apertura, non tutto il disco è degno di nota, ma alcuni brani non possono non scuotervi anima e corpo. L’opener, ad esempio, che ci mette un paio di ascolti a ingranare ma poi rimane in testa alla grande.
30 Years To Life ci riporta di corsa ai tempi d’oro dei Guns N’ Roses, mentre
Too Far Gone è molto particolare ma incredibilmente trascinante. La campana di
Withered Deliah introduce a un nuovo tuffo nel passato, mentre la successiva
Battleground è un’ottima ballad con un grande Kennedy. Non vi sono dubbi, a mio parere, che sia la seconda la parte migliore del disco. Lo prova con discreta sicurezza la tripletta
Avalon – The Dissident – Safari Inn, in cui oltre a trovare una potenziale hit da classifica ritroviamo una strumentale di grandissimo valore come già in passato è capitato ascoltando i dischi del chitarrista statunitense.
Insomma, se amate Slash, se vi sono piaciuti i dischi precedenti e se non avete pretese esagerate è un acquisto obbligato. Per quanto mi riguarda, estrapolerò qualche brano e mi preparerò a godermeli ancora una volta dal vivo: un’esperienza che consiglio sicuramente.
Lunga vita all’uomo crinuto che imbraccia la Gibson! (e già che ci siamo anche al suo fido scudiero che urla nel microfono).
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