Con “
Once Upon A Time”
Tony Wakeford dà alle stampe il nuovo disco della sua creatura, quei
Sol Invictus vera leggenda, insieme ai
Death In June, del cosiddetto folk apocalittico.
Pur non innovando il proprio sound che è tradizionale, in tutti i sensi,
Sol Invictus non disdegna qualche deriva elettrica, avendo tirato a bordo per l’occasione
Don Anderson, chitarrista degli
Agalloch.
Per il resto siamo nel pieno trademark ‘wakefordiano’, anche grazie alla sua voce inconfondibile e alle chitarre acustiche, settate su un mood niente affatto felice, ma anzi in vena di angosciare l’ascoltatore. Non per niente il disco è pieno di riferimenti al diavolo, sebbene non sia da intendersi nell’accezione cristiana del termine.
Tornando alla musica il meglio di sé Wakeford lo dà quando farcisce i pezzi con partiture di archi e fiati, come in “
The Devil’s Year”, “
The Villa” e “
Osman”. Non bisogna comunque sottovalutare gli episodi più marziali, come “
The Path Less Travelled”.
Da sottolineare che negli intenti dell’autore questo disco dovrebbe essere un richiamo ai ’70, a certe forme di menestrellismo cantore di antiche tradizioni. La summa del discorso poetico di
Wakeford e di un genere intero sta tutta nel concetto di Tradizione, intesa come rifiuto della modernità e rimpianto per i tempi andati, tempi nei quali certi valori erano il legame più solido all’interno di una comunità.
Ciò detto il disco si lascia ascoltare, ma è chiaro che se non siete fan di questa musica è meglio passare oltre.
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