Premo play e dopo pochissimi secondi i
Triptykon aleggiano nell'aria.
Sono parecchie le similitudini nel suono dei finlandesi
Lurk con quello della malata creatura di
Gabriel Fisher. Ma vediamo di spiegare.
Qui si parla di doom, death, sludge, roba sporca, roba nera, lenta e malsana, un'onda invisibile che schiaccia a terra mentre noi, inermi ad attoniti, la subiamo nella sua viscosa potenza. I quattro ci intrattengono con 45 minuti di malessere, morte e dolore, sono in grado di creare riff grassi e potenti che si alternano ad arpeggi che riverberano nel nulla, fischi, echi, tutto fa atmosfera, tutta roba che fa male e che rotola verso di noi sospinta dal growl, dalle urla di
Koskinen e dal groove della batteria che segue magistralmente le danze di morte. Materiale pesante,
Kaldera è un qualcosa che quando hai finito di ascoltare puoi tornare a respirare, tornare a sentire l'aria in faccia perché tutto, nel frattempo, si era fermato. Inutile stare a descrivere le canzoni, se siete amanti di queste maligne sonorità, avrete già capito che è quantomeno qualcosa da ascoltare, al buio.
Davvero bravi.
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