Copertina 7

Info

Anno di uscita:2014
Durata:44 min.
Etichetta:Dead Apple Productions

Tracklist

  1. SON OF GALILEO
  2. MY TWINS
  3. THE IMPOSSIBLE
  4. AGE OF RATIONALITY
  5. SCIENCE FICTION
  6. THE PARALLAX
  7. DIGI-CHRIST
  8. ETERNITY
  9. TRIAL OF TRUST (ARRIVAL ON TITAN)
  10. TRIAL OF TRUST (COLONY OF SALVATION)
  11. TRIAL OF TRUST (THE GIANT LEAP)
  12. HEADUP (DEFTONES COVER)

Line up

  • Antonio Di Campli: vocals
  • Giuseppe Costantino: keyboards
  • Matteo Mucci: bass
  • Alessandro Mitelli: guitars
  • Simone Di Cicco: guitars
  • Vittorio Del Prete: drums

Voto medio utenti

Reduci da un cambio di line up dietro il microfono dopo "Before History", pubblicato nel 2012 dalla Buil2kill Records, gli abruzzesi Hybrid Circle cambiano etichetta accasandosi con la To React Records e pubblicando il nuovo "A Matter of Faith", un album che non cambia più di tanto la loro formula, peraltro già azzeccata da tempo, che propone una sorta di mix tra un hardcore deathizzato a-là-Soilwork con larghe influenze fearfactoriane più mistiche (quelle alla "Pisschrist")ed uno spruzzo di elettronica piacevole. Detto così potrebbe sembrare una porcata, in realtà la musica contenuta in questo album è nettamente migliore rispetto a quella realizzata in passato, ma presenta un GROSSO problema per fare il salto di qualità.

Il grosso problema è una compartecipazione tra la produzione e la voce del neo-entrato Antonio Di Campli che nel growl/scream fa un gran bel lavoro, ma la produzione non esalta a dovere la sua opera, relegandola in fase di missaggio in una posizione troppo secondaria, mentre nelle parti in clean vocals...subentrano dei "problemini" che peraltro affliggono anche i grandi nomi eh, avete mai sentito cantare dal vivo Burton C. Bell? Spero per voi di no.
Ecco, però perlomeno da studio tutto questo deve essere perfetto, e qui non lo è: la voce è esile, incerta, non può dare quel boost melodico/commerciale di cui i brani abbisognano, ed anche qui troviamo la pecca di una produzione che non riesce a nascondere tali problemi, relegandoli solitamente alla dimensione live.

Non so se sia stato un momento di stanca di Tony Lindgren (peraltro già con Paradise Lost, Kreator e Katatonia, mica pizza e fichi) nei suoi Fascination Street Studio o una mancanza di tempo quindi budget, ma certo se fosse stata curata a dovere anche la componente vocals avremmo un disco di fattura eccelsa. Avete presente pure Strid dei Soilwork come "canta" nei dischi in studio? Ecco, in quel modo avremmo rasentato la perfezione. Mi rendo conto che ci voglia tempo, perchè anche lui dal vivo...#madresantissimadiddio.

Peccato, perchè tutto il resto davvero funziona quasi alla perfezione: i pezzi hanno un bel tiro, sono moderni ma non sputtanati e spompati come negli ultimi anni di In Flames, belle melodie, la registrazione in questo lato è ineccepibile e soprattutto rimangono in mente e trascinano sin dal primo ascolto.

Bravi davvero, peraltro il disco è stato reso disponibile in maniera gratuita dalla band stessa quindi un ascolto è d'obbligo e vedrete che non sarà assolutamente tempo sprecato, tutt'altro.

Ma non chiamatelo più prog metal, vi prego! (anche a vostro beneficio, catalogandolo così io non mi ci sarei avvicinato...)
Recensione a cura di Gianluca 'Graz' Grazioli

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