Ci sono circostanze in cui la mia “proverbiale” obiettività di scribacchino musicale vacilla in maniera piuttosto evidente.
Come si può valutare
serenamente l’opera di una
band quando viene a mancare il primario trasmettitore delle emozioni, il quale rappresenta spesso anche l’elemento caratterizzante dell’intera circostanza artistica?
I Queen senza Mercury, i Foreigner senza Gramm, i Judas senza Halford, i Maiden senza Dickinson (o Di'Anno per i veri “puristi”), i Genesis senza Gabriel o, e qui si tratta di una vera stilettata dritta al muscolo cardiaco, i Queensryche senza Tate, sono solo alcuni esempi di situazioni in cui, anche a dispetto dell’abilità dei sostituti, un approccio veramente libero da pregiudizi diventa particolarmente oneroso, nei confronti di colossi autentici del
rock, che, anche grazie a quegli incredibili fuoriclasse della fonazione modulata, hanno marchiato indelebilmente la storia del genere.
Discorso analogo deve essere fatto per gli
Yes, già da qualche tempo privi dell’ugola immacolata di Jon Anderson, un elemento sicuramente fondamentale per l’edificazione di un
sound barocco e sfarzoso, dagli arrangiamenti complessi e dalla perfetta esposizione strumentale, eppure anche talmente emozionale da saper scacciare i formalismi e resistere all’offensiva del tempo e dei vari
trend musicali, diventando, di fatto, un’ineluttabile fonte d’ispirazione per intere generazioni di “progressisti”.
Prima Benoît David e oggi Jon Davison hanno cercato di sopperire alla “mancanza”, ostentando peraltro uno stile interpretativo piuttosto “affine” al loro illustre predecessore (finendo per rasentare “l’imitazione”, un po’ alla maniera di La Torre …
ah, un’altra fitta al cuore …), ma francamente né “Fly from here”, né “Heaven & Earth” (meglio il primo del secondo, in ogni caso …) sono riusciti a “fare breccia” fino in fondo nel mio animo di “vecchio” estimatore del gruppo.
E allora, come giudicare questo “Like it is - Yes at the Bristol Hippodrome”, doppio
Cd/Dvd in cui i “nuovi” Yes riproducono dal vivo "The Yes album" e "Going for the one", due capisaldi della loro discografia (anche se personalmente all’albo del 1977 avrei preferito “Fragile” o “Close to the edge” …), con il buon Davison chiamato a non far “rimpiangere” chi ha contribuito fattivamente a rendere immortali quelle pietre miliari?
Diciamo subito che lo “sforzo” è apprezzabile, che gli impasti vocali sono abbastanza coinvolgenti e precisi e che, tutto sommato, la sgradevole sensazione “cover vocalist” può dirsi scongiurata.
Il resto lo fanno la chitarra policroma di Steve Howe e il basso pulsante di Chris Squire, supportati dal
drumming estroso di Alan White e dalle tastiere opulente di Geoff Downes (due che hanno già dovuto subire il severo vaglio critico dei
die-hard-fans, rimpiazzando Bill Bruford e, soprattutto, un maestoso
keyboard-wizard del calibro di Rick Wakeman), per una prestazione complessiva di notevole intensità e forza espressiva.
Il “ripasso” di una meraviglia e di un lavoro che dovrò rivalutare (avevo “rimosso” la tensione quasi mistica della monumentale “Awaken”, per esempio …), da considerare, in conclusione, come una celebrazione piuttosto riuscita ed emozionante della grandezza dei maestri dell’
art-rock (ricordando altresì le favolose copertine di Roger Dean) … tra l’altro mi ha fatto venire la voglia di rispolverare la mia copia di “Yessongs” … chissà che pure qualcun altro non sia tentato dal riscoprire (o scoprire per la prima volta, spero solo per ragioni anagrafiche) le ”gesta” passate degli Yes … nel caso, un’altra nota di merito da assegnare a “Like it is - Yes at the Bristol Hippodrome”.