Il nuovo
Enki arriva a cinque anni di distanza dal precedente
The Epigenesis, primo disco per la band israeliana ad uscire su una grossa etichetta (Nuclear Blast), ma che non mi aveva convinto appieno a causa di una ripetitività di certi schemi un po' esagerata, una scelta presa (forse) proprio per non "rischiare", visto l'importante deal discografico.
Con il nuovo lavoro, lo si capisce subito, siamo su buoni livelli. Al netto di quel piccolo "difetto" che affligge la band da sempre, ovvero l'eccessiva lunghezza di alcuni brani e dei dischi in generale, qui di materiale valido ce n'è davvero parecchio anche se la parte centrale di
Enki è quella che colpisce maggiormente. Parlo di canzoni come
Multiple Truths (dal grande groove),
Enki - Divine Nature Awoken (unione perfetta di metal, oscurità ed elementi tradizionali) o ancora
Metatron and Man,
The Palm the Eye and Lapis Lazuli che sanno fondere in maniera egregia il black metal dei Nostri con le melodie in tremolo picking "dal sapor mediorientale", vero trademark della band. I
Melechesh possiedono un'epicità innata che non sacrifica l'irruenza, che non punta tutto sulla velocità ma che sa farti tenere il tempo e muovere il culo anche quando i ritmi sono più "distesi". L'ultimo brano in scaletta, vede continuare la tradizione della band che vuole la traccia di chiusura particolarmente lunga (sempre sugli 11/12 minuti) ma che, stavolta, accusa un leggero "annacquamento" del contenuto. Abbiamo anche una traccia strumentale,
Doorways to Irkala, fatta di soli elementi acustici in cui i
Melechesh si lanciano in ritmi tribali e danze della loro terra.
Un'ulteriore dimostrazione dell'attaccamento alle loro origini, nonostante siano dovuti "emigrare" in Olanda da anni per proseguire il loro sogno musicale, viste le restrizioni religiose e delle autorità. Ma non divaghiamo.
Tornando al disco, non si può non ricordare quanto siano stati importanti
Djinn e
Sphynx nello sviluppo del suono della band; quanto è venuto dopo, seppur buono, è un affinamento, una rifinitura di quei seminali album.
Enki è suonato e registrato in maniera ottima (a parte certi effetti da "cattivone" nelle voci di cui avrei fatto volentieri a meno, ma ormai li usano tutti...) e al netto di quei piccoli "difetti" appena citati, i
Melechesh riescono a mantenere un alto livello qualitativo, regalandoci un disco davvero godibile da ascoltare e riascoltare.
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