Tre studenti americani del Berkelee College of Music di Boston, USA. Tre menti grandi come il mondo, tre musicisti giovani ma preparati e con una cultura musicale allucinante. Basta questo, e il budget di uno studente fuori sede a Boston, per dar vita forse all'album più sorprendente che le mie orecchie abbiano ascoltato in questo primo terzo di 2015.
"
Quiet World" è tutt'altro che
quiet: sette composizioni per un totale di 48 minuti di assoluto genio, ammantato di progressive metal del più arzigogolato e multiforme riusciate ad immaginare, con virate dappertutto tra il prog rock, i blast beats, la bossanova, il pop, il jazz e chissà cos'altro ancora. Questo è uno di quei dischi che mi piacerebbe far ascoltare al 90%delle bands che mandano debut album fatti col sedere, pretendendo la luna solo per il concetto stesso di 'ho fatto un disco'. Che di per sé può anche essere encomiabile, eh, ma se non riempi il tuo bicchiere di un buon vino, alla fine hai solo fatto un bicchiere col das.
Provate ad ascoltare gli otto minuti di "
Passage", per esempio, e con un foglio di carta accanto provate ad elencare quanti generi riuscite a nominare, e allo stesso tempo provate a cogliere la coerenza interna di un brano sorprendente, a cavallo tra Dream Theater, Devin Townsend, Asia, Porcupine Tree, e dio solo sa cos'altro. E il bello è che questo giochino lo potrete fare su ogni traccia, dalla spiazzante ed adrenalinica "
Mute" alla meravigliosa suite finale "
Chromatic Aberration". Ah, c'è pure un sotto-concept lirico, con una tormentata storia d'amore e tanto altro che vi aspetta.
Tanto, ma proprio tanto di cappello. Qui siamo di fronte a Musicisti con la maiuscola di due piani. E poco importa se il music business li osannerà o li cagherà di striscio, i
Native Construct sono una band della stramadonna.
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