A pochi giorni dall'imminente uscita del disco siamo qui a introdurvi il nuovo e attesissimo lavoro dei
Coal Chamber, intitolato "
Rivals". Uno dei gruppi simboli del Nu torna alla ribalta dopo più di 12 anni dalla loro ultima apparizione in studio, e ovviamente il risultato ottenuto di nu ha ben poco considerando quanto tempo sia passato. Ma questo rende il nuovo “
Rivals” dei Coal Chamber un album meno valido dei precedenti? La risposta è un semplice quanto secco “
NO” e ora scopriremo perchè.
Questo album è semplicemente diverso dai precedenti, ma mentre i primi erano tra loro sempre accomunati dalla matrice Nu su cui si fondava tutto il lavoro, questo “Rivals” risente molto dell'evoluzione musicale di cui ha risentito tutto il gruppo e principalmente il cantante Dez Fafara.
Si potrà infatti sentire sin da subito che il disco ha una matrice molto più “groove” frutto dell'influenza di ciò che sono diventati i
Devildriver per Dez, e di ciò che hanno fatto in questi 12 anni il batterista Mikey e il chitarrista Meegs. E questo credo che sia l'unico grossolano “difetto” di questo album, ovvero che a volte si potrebbe pensare di essere all'ascolto di un disco dei Devildriver, sbagliando.
Ciò scritto in queste righe si può quindi riassumere in un riffing in generale più elaborato e spedito rispetto a ciò che hanno sempre proposto i Coal Chamber che non ha dimenticato passaggi cadenzati e possenti caratteristici del gruppo, accompagnato a braccetto da un comparto ritmico curato dal già citato Mikey e dalla bassista Nadja che assieme costruiscono un ottimo “sostegno” che non rimane mai in secondo piano rispetto al resto. Infine la voce di Dez è quasi caratteristica, cambiata di poco rispetto all'ultimo lavoro dei Coal Chamber, “
Dark Days”, è sempre rimasta sulla stessa linea nel corso degli anni e lo rende un punto di riferimento per riconoscere il gruppo che si va ad ascoltare.
Per fare piacere ai fan “di vecchia data” il gruppo però non si lascia scappare dei richiami ai vecchi fasti con canzoni come “
Bad blood between us”, “
Rivals” e “
The bridges you burn”, incorporando molte sonorità che appunto evocano momenti del già citato “
Dark Days”.
Per concludere questo è semplicemente un buon disco, senza un genere ben definito, che di sicuro faticherà a lasciare l'amaro in bocca agli ascoltatori.
Un ritorno davvero ben riuscito.