Quarto album per i
Mammoth Mammoth, la stoner/dirty rock band australiana. La formula è quella semplice ed immediata delle più famose formazioni di quel lontano continente: gran dispiego di riff, ritmo sostenuto, assoli, melodie intriganti e soprattutto quintali di attitudine guascona e stradaiola.
I ragazzi di Melbourne pescano indifferentemente da Ac/Dc, Rose Tattoo, Buffalo, e sono amici degli Airbourne, altro nome dalle medesime caratteristiche. Casomai i M.M. sporcano il loro sound con un tocco neo-vintage, ma si tratta di sfumature. Infatti, entrambi i gruppi, dopo il buon successo in patria, puntano a trasferirsi in Germania, dove il loro stile un po’ grezzo è molto apprezzato. Per questo quartetto il primo passo è stata la firma di un contratto con Napalm Records (label tecnicamente austriaca, ma con principale bacino d’utenza teutonico), una etichetta attivissima negli ultimi tempi.
Il disco è grintoso, godibile, rumoroso, anche se prevedibile. Due le direzioni: quella motorheadiana di “Life’s a bitch”, “Black dog” e quella più stonerizzata di “Electric sunshine” e “Promised land”, con in mezzo il tiro cadenzato e live-oriented delle varie “Fuel injected”, “Sick”, “Hammered again”. Insomma, roba per sudare e scuotere le ossa, in attesa di vedere gli “aussies” dal vivo e bruciarsi tutte le energie.
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