Venticinque anni di onorata carriera.
Dodici album in studio.
Almeno un paio di capolavori patrimonio della musica metal tutta.
Padroni indiscussi, con
Anathema e
Paradise Lost, del gothic/death/doom.
Questi sono i
My Dying Bride.
Il classico gruppo, dunque, da comprare a scatola chiusa: impossibile che la loro musica, per quanto soggetta agli inevitabili alti e bassi di una storia così lunga, possa davvero deludere o, peggio, non avere un'anima, difetto che invece affligge tanti nomi storici.
Ma, incredibilmente, non è tutto qui.
Ancora oggi, nel 2015, quello che più sorprende è la magia.
"Feel the Misery" è un album magico.
Sofferto, sofferente e, in alcuni frangenti, addirittura struggente, come solo i grandi musicisti possono permettersi di risultare.
I
My Dying Bride tornano a casa: gli Academy Studios nel Dewsbury (West Yorkshire) sono gli stessi dei loro classici,
Calvin Robertshaw torna a fare coppia con
Andrew Craighan alla chitarra, e, soprattutto, la musica guarda indietro, guarda al suo glorioso passato intessendo quelle melodie, ora brutali ora delicatissime, che hanno reso gli inglesi oscuri maestri della tristezza.
Gli otto brani di questo album sono otto sublimazioni del dolore e della solennità dell'addio, sono devastante death metal e laconica malinconia di stampo dark, sono purissimo sentimento e leggiadra solitudine, sono, al contempo, la furia di un temporale e la delicatezza del paesaggio bagnato che la segue.
La voce di
Aaron Stainthorpe è, come al solito, meravigliosa e la sua interpretazione talmente viscerale, talmente umorale, da toccare le corde più profonde del nostro animo, indipendentemente dall'uso del growl o delle inconfondibili tonalità "pulite" marchio di fabbrica di un singer a mio avviso molto sottovalutato, mentre, in una magica alchimia, le sei corde intessono armonizzazioni sublimi che la maggior parte di noi comuni mortali può solo sognare e che si specchiano su uno strato di tastiere e di partiture di violino ispirate e imprescindibili nell'economia delle composizioni di questi musicisti.
"Feel the Misery" è, obiettivamente, un album che va vissuto, assaporato, amato.
Difficilmente sarete in grado di trovare, in giro, una qualità analoga: pezzi come la title track, l'incredibile
"A Cold New Curse" o come la profondissima
"I Almost Loved You", giusto per fare qualche esempio, sono gemme rare frutto dell'intuizione di compositori che, ancora oggi come ieri, sono gli indiscussi proprietari delle nostre emozioni messe in note.
Non lasciatevi assolutamente sfuggire un album di crudele passione che distruggerà i vostri cuori e la vostra carne.
Bentornati signori.