25 anni per una death metal band sono un traguardo notevole, significa aver assaporato sia i momenti dolci che quelli amari ed esser ancora qui a raccontarlo, tracciare un bilancio della propria carriera e capire se è arrivato o meno il momento di appendere gli strumenti al chiodo.
Ed i
Sinister di momenti difficili ne hanno vissuti parecchi. Dopo esser stati travolti da un meritato successo con la pubblicazione del trittico “Cross the Styx”, “Diabolical summoning” ed “Hate” – ancora oggi attualissimi – nonché sostenuti dall’entusiasmo di una giovanissima Nuclear Blast di cui erano una delle band di punta, a metà degli anni 90 i Nostri hanno subito un rapidissimo declino causa un mix sballato fra problemi personali e inaridimento della vena ispiratrice.
Il ritorno sulle scene nell’ultimo decennio ha visto la pubblicazione di dischi onesti ma non convincenti, in cui i vecchissimi fan hanno vanamente sperato di trovar tracce dei tempi che furono.
Per festeggiare l’anniversario hanno deciso di puntare su un album di cover, brani provenienti dal retaggio della band, similmente a ciò che fecero gli Entombed con “Sons of Satan praise the lord” molti anni fa.
Le canzoni contenute in “Dark memorials” a tutti gli effetti sono un furbo “best of”, una
crème de la crème di ciò che uscì a cavallo di fine anni 80 ed inizio anni 90 del secolo appena passato. Come definire altrimenti un album che contiene il rifacimento di classici quali “Beneath the remains” dei Sepultura, “Exhume to consume” dei Carcass, “Ridden of disease” degli Autopsy e “Necrophiliac” degli Slayer?
La logica commerciale dietro alla scaletta di “Dark memorials” è palese, i Sinister del 2015 sono una band il cui pubblico principale è costituito dai vecchi fan degli anni 90 divenuti nel frattempo quarantenni o quasi.
Non aveva e né ha alcun senso proporre cover di band death degli ultimi quindici anni, puntare su canzoni conosciute intimamente dalla propria audience garantisce quel minimo di interesse da parte dell’acquirente che guarda più al passato che al presente della propria musica preferita.
Analizzando il mero aspetto musicale l’album funziona, impossibile tenere la testa ferma e il volume basso. La qualità della scaletta non è nemmeno da discutere - potrebbe tranquillamente accompagnare un libro specifico del settore tanto è solida e importante - e può anche esser presa per chi non c’era per motivi anagrafici come un invito a rituffarsi nei classici del passato.
Per i “vecchietti” l’ascolto è una buona occasione per ritrovarsi a bere una birra e rimembrare con malcelata indifferenza i “bei tempi andati”…
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