Sai che c'è? Questo revival, questa riproposizione di suoni anni '90, belli grezzi e potenti mi piace proprio. Al diavolo innovazione, si fotta l'originalità. Questi ragazzi che sudano e si sbattono per passione, valgono più di mille dinosauri bolliti. Quando alla passione si aggiungono buone capacità tecniche e un ottimo songwriting, allora ne escono dischi veramente convincenti, come questo
Battle Breed, terza bomba dei
Bodyfarm in appena quattro anni. Non è tutto. L'esplosivo contenuto nel nuovo lavoro è ancora più potente di quello compresso nelle ogive precedenti. Possiamo dire che il brani death metal raggruppati qui sono quelli meglio riusciti finora al quartetto olandese.
La partenza fornisce già una bella idea di quello che ci aspetta (il pezzo lo trovate qui sotto) e le guest vocals del grande
Martin Van Drunen non possono che aggiungere quel quid in più.
Thomas Wouters il suo sporco lavoro lo fa alla grande su tutti i pezzi, certo il suo growl non è particolarmente cupo o "spesso", ma si adatta davvero bene alla musica ed anche lui dimostra un notevole miglioramento.
Battle Breed riesce ad alternare palate di ignoranza tupa-tupa che travolgono come ferro arrugginito sparato in faccia da bombarde, a momenti catchy che ti strizzano l'occhio. Nei loro pezzi sporchi e quadrati, i Nostri hanno l'abilità di inserire leggere melodie trasversali in tremolo picking che spingono sull'epicità, oppure danno quel piacevole tocco che ti fa ricordare meglio le canzoni, quel passaggio che aspetti quando riascolti un brano. In soldoni parliamo di un buonissimo blend di
Dismember, con una spruzzatina semi-black alla
God Dethroned più un tocco di fiera magniloquenza che apparteneva agli
Amon Amarth, di quelli ancora incazzati e non storditi da melodie maideniane. A volte è davvero dura rimanere seduti per quanto i pezzi sono coinvolgenti, viene da alzarsi, prendere una mazza, una motosega (o un decespugliatore, come ho fatto io) e sbracare un po' di roba. Non mancano naturalmente passaggi rallentati come nella più pura tradizione death '90, ed ecco che nascono canzoni ancora più complete e strutturate come
Saxon Victory, la magnifica
Firing Squad o la coinvolgente
Wolfpack che inizia con il bip di un sonar (collegato al nome del pezzo; Wolfpack era il nome di un gruppo di u-boat tetesco della Seconda Guerra Mondiale) e si dimostra cadenzata e cantereccia (per il genere).
L'odore della polvere da sparo invade tutto il disco, i brandelli dei morti nutrono la terra, mentre le munizioni fischiano ed i boati si susseguono. Se siete dei rinnegati dell'evoluzione, se il death metal è il vostro credo, indossate l'elmetto e correte verso la battaglia, vi aspetto in trincea.
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