Copertina 6

Info

Anno di uscita:2015
Durata:29 min.
Etichetta:Magic Bullet Records

Tracklist

  1. THOSE WHO FEAR TOMORROW
  2. JUDGMENT DAY
  3. HARDER THEY FALL
  4. WINGS TEAR
  5. DAWN OF A NEW APOCALYPSE
  6. IN CONTRAST OF SIN
  7. REBIRTH
  8. DIE HARD
  9. LUNDGREN CRUCIFIXION
  10. LIVE IT DOWN

Line up

  • Dwid Hellion: vocals
  • Aaron Melnick: guitar
  • Chris Smith: guitar
  • Leon Melnick: bass
  • Dave Araca: drums

Voto medio utenti

Gli Integrity sono un nome di culto nell’underground (ma che più underground non si può) hardcore, tra i primi ad aver approcciato il genere in maniera più metallica, tanto da coniare la definizione di ‘metallic hardcore’, da non confondere con quella sottospecie di musica nota a tutti come metalcore. Nella loro carriera, iniziata nel lontano 1988 a Cleveland e proseguita negli anni 2000 in Belgio, hanno pubblicato un’infinità di LP, EP, Tape, Live Album, Compilation, Split e chi più ne ha più ne metta.

Il qui presente “Palm Sunday” è un album dal vivo, ristampato dalla Magic Bullet Records in digipack CD e DVD. Si tratta di registrazioni del 1992, catturate al Peabody’s di Cleveland, durante il tour di supporto al primo full length “Those who fear Tomorrow”, pesantemente amatoriali come resa sonora, ma che ben danno l’idea dell’approccio minimalista e caotico della band, guidata da sempre dal singer Dwid Hellion, un pazzo scatenato che riesce a trattare temi anche poco affini al genere, come l’occulto, per esempio, o l’anti cristianesimo, il tutto ovviamente sotto il segno della violenza.

Come già accennato, sembra quasi di ascoltare un bootleg più che un’uscita ufficiale. Paradossalmente, però, questa registrazione così nuda e cruda, si adatta alla perfezione alla proposta dei nostri che, è bene chiarirlo da subito, non è affatto di facile assimilazione. Estremi all’inverosimile, soprattutto dal punto di vista attitudinale, gli Integrity ci presentano dieci brani monolitici, quasi sempre assestati su mid tempo, e vi assicuro che si fatica non poco ad arrivare alla fine dell’album, a causa del senso di claustrofobia che si insinua nelle nostre menti fin dalle prime note.

I riff sono ossessivi, ripetitivi e monolitici, le vocals sguaiate, e il fatto che siano ridotte all’osso le parti veloci, rende il tutto ancora più morboso e conseguentemente anche più duro da mandar giù. Va da se che è inutile che vi dica che se non siete hardcore maniacs o pazzi furiosi, questo disco non fa per voi. È rivolto essenzialmente a chi vive anima e copro l’underground e può trovare nei dieci brani presenti il vero spirito di questo genere.
Recensione a cura di Roberto Alfieri

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