Ascoltando
“My Ghosts Inside” avrei giurato di trovarmi davanti a una band di esordienti. Ammetto di non conoscere per intero la vicenda
Mayfair, ma so che il combo austriaco, accasatosi da qualche anno presso la
Pure Prog Records, è in realtà attivo dal 1989 e l’etichetta ci tiene a ricordare le influenze metal e prog della band qui recensita. Grandi aspettative, ahimè, puntualmente deluse. Ci sto girando intorno, ma la verità è che questo (breve) album ha ben poco da dire… 11 canzoni poco ispirate, scritte quasi per volerle scrivere a tutti i costi (almeno questa è l’impressione), 40 minuti di musica dove le sonorità mancano della “ricerca” (musicale e strutturale) e/o il virtuosismo tipici della musica prog e dell’aggressività più “naturale” e congenita del metal (semmai andrei a individuare qualche assonanza con la scena alternative più mainstream). Passino le concessioni alla lingua madre (nel caso della quasi piacevole
“Schrei Es Raus”) o lo pseudo-concept legato agli “spiriti positivi e negativi che dormono dentro di noi” (cit.) della title-track ma brani fintamente duri come
“Ghostrider” o
“Desert” (perché il growl??) li rispediamo volentieri al mittente. Cosa salviamo? Sicuramente la produzione che, data la modesta materia prima, è fin troppa roba e l’affascinante/inquietante artwork. Fatico a giustificare dischi di questo tipo nel 2016: che non sia il caso per i quattro “non-più-giovani” di una pensione anticipata? Chi vivrà vedrà...
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